Città Alta e un parking che va fatto funzionare

ITALIA. Quanti anni sono passati? Tanti. Probabilmente troppi. Sicuramente accidentati e pieni di ostacoli di ogni genere: costi esplosi oltre ogni previsione, crolli, discariche abusive, imprese in fuga, bandi di gara a ripetizione, ricorsi, cause e inchieste.

Di tutto e di più: questa in sintesi la tormentata (innegabilmente) storia del parcheggio della Fara che ieri ha visto la luce dopo 23 anni dalla sua comparsa in un documento ufficiale, il Piano delle opere pubbliche dell’allora Giunta Veneziani. Anno di grazia 2001. Poche opere hanno avuto un cammino così travagliato e ricco di dubbi. Che l’inaugurazione non spazza via di colpo: da qui alla messa a regime del nuovo sistema di accesso a Città Alta sarà una sorta di navigazione a vista che renderà probabilmente necessarie correzioni in corsa.Niente di male, è nella logica delle cose.

Anche per questo motivo sarebbe il caso di aspettare il giusto prima di bocciature senza appello. Città Alta vive da sempre su equilibri estremamente delicati che richiedono tempo e pazienza e non sentenze a prescindere. Poi tutte le posizioni sono legittime e rispettabili, comprese quelle di chi ha fatto dell’opposizione (a questa e altre opere) una ragione di vita. Se però restano confinate in una minoranza meno che minoritaria qualcosa vorrà pur dire, quanto meno che alcune presunte certezze non risultano tali né condivise per una città che su questa opera non ha mai fatto un passo indietro. Né a destra né a manca, visto che per diverse ragioni nessuno ha mai ritenuto di mettere la parola fine alla vicenda, convinto della bontà dell’opera pur con tutti i problemi del caso. Perché se il parcheggio c’è è di tutta evidenza che sia stato voluto, inseguito e condiviso in quasi un quarto di secolo dalla città e da chi si è alternato alla sua guida. Vincendo le elezioni e non cercando like sui social.

Stabilito questo è di tutta evidenza che in questa vicenda ci sia da sempre un punto debole e quasi contraddittorio: la scelta di voler togliere le auto da Città Alta portandole però ancora dentro le Mura. Da viale Vittorio Emanuele, ma con l’accesso consentito anche nelle fasce orarie (festive e dei fine settimana) che finora avevano visto le auto bandite a prescindere. Da tutti fuori a molti dentro ma in forma regolata, insomma: un processo che, assicura Palazzo Frizzoni, verrà gestito attraverso un massiccio ricorso alla tecnologia. Tale cioè da consentire l’accesso solo in presenza di un numero sufficiente di stalli liberi e dando maggiore ordine al sistema: liberando dal carosello di auto in cerca di un posto le Mura (che verranno riservate ai residenti) e anche alcune piazze storiche.

Se il domino funzionerà davvero lo dirà il tempo, di certo - lo ripetiamo - servirà quel minimo di pazienza. Ed è normale di fronte a provvedimenti che vanno a cambiare in modo così significativo equilibri consolidati da decenni, a maggior ragione in un tessuto delicatissimo e già soggetto a profonde trasformazioni sociali e culturali come quello di Città Alta. Una realtà che da sempre è abituata a reinventarsi e che non si avvia a diventare un posto per ricchi né tantomeno a perdere la propria attrattività e dinamicità. È abbastanza difficile che ci sarà chi rinunci a salire per la sosta a pagamento, più probabile scelga di farlo utilizzando altre modalità. In primis i mezzi pubblici che andranno assolutamente potenziati per far funzionare bene un sistema così complesso.

Pietro Gelmini, lo scomparso autore del primo Piano del traffico, ricordava che a fine anni ’70 la scelta di chiudere Città Alta alle auto la domenica lo aveva fatto finire sul rogo del Ducato. Ora è chiusa anche giovedì, venerdì e sabato sera e nessuno tornerebbe indietro. In questo senso il parcheggio, pur con tutti gli interrogativi del caso, segna una nuova pagina: l’importante è scriverla il meglio possibile e se necessario correggerla. Il parcheggio è lì e non per caso, ora va fatto funzionare al meglio.

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