Simeoni: «Ho volato con i piedi per terra. Campioni? Si diventa, più che nascere» - Video

L’INCONTRO. L’altista oro a Mosca ’80 e primatista del mondo ospite del Time Out Sport festival a Barzana. «Il dottor Quarenghi mi ha rimesso in sesto spesso. Con Guerini ne abbiamo combinate tante...».

Il suo segreto è un paradosso. Sara Simeoni, la più grande atleta dello sport italiano, ha l’aria della vicina della porta accanto, campionessa di simpatia e di buone maniere tanto quanto dice un curriculum atleticamente parlando unico e inimitabile (dieci anni fa il Coni l’ha eletta atleta del secolo al femminile): «Nella vita si può volare pur tenendo i piedi per terra. Già da atleta ho sempre saputo che ci sarebbe stato un prima e un dopo: ora mi piace portare la mia esperienza a tutti».

«Nella vita si può volare pur tenendo i piedi per terra. Già da atleta ho sempre saputo che ci sarebbe stato un prima e un dopo: ora mi piace portare la mia esperienza a tutti».

È successo all’auditorium di Barzana, sede di Time Out Sport festival, promosso da Hservizi Spa e da Unica Sport Ssd, dove la 71enne veronese (di nuovo d’azzurro vestita, con scarpe con il tacco color rosa) è entrata in dialogo con il giornalista Rai, Marco Franzelli, coautore del libro «Una vita in alto». Storie, ricordi, segreti: «Campioni un po’ si nasce, ma soprattutto lo si diventa – ha detto l’ex fidanzata d’Italia mentre sul maxischermo passavano i videomessaggi di Livio Berruti e Filippo Tortu -. Io ci sono arrivata attraverso un percorso per quei tempi da pioniera. La Sara bambina credeva di non essere all’altezza quando da un paesino di provincia si trasferì a Verona: giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento, sono arrivate le gioie». Come l’indimenticabile titolo olimpico di Mosca ’80, una delle sue tre medaglie a cinque cerchi (è stata anche argento a Montreal ’76 e Los Angeles ’84): «Al momento dell’ingresso in campo, ebbi quello che oggi gli psicologi definirebbero un attacco di panico - ha svelato - . Mi salvò un urlo di Erminio (Azzaro, ndr), mio allenatore e compagno di vita, che trovò il modo di togliermi il peso di pressioni che sin lì non avevo mai dovuto affrontare». Fu una prima volta anche quella di Brescia ’78, giorno del suo 2 metri e 1 cm, record del mondo con una misura che ancora oggi varrebbe una medaglia iridata: «Indimenticabile, come il bis fatto a Praga poche settimane dopo: mi sono trovata in un’altra dimensione».

«La Sara bambina credeva di non essere all’altezza quando da un paesino di provincia si trasferì a Verona: giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento, sono arrivate le gioie»

Devota a Papa Giovanni XXIII («Da bambina ero stata a Sotto il Monte»), è tornata nella provincia che atleticamente parlando ha avuto in Raffaella Lamera la sua possibile erede: «Valeva ben più di 1,95, ma è stata sfortunata a livello fisico». A cavallo tra gli anni ’70 e ’80 saliva a San Pellegrino: «Dal dottor Quarenghi, che mi ha rimesso in sesto più di una volta, perché allora tecniche e materiali erano quelli che erano». Quello di sempre, è il suo rapporto con Vincenzo «Charlie» Guerini, ex staffettista della 4x100 di Mennea: «Ci sentiamo spesso, quante ne abbiamo combinate ai tempi dei raduni di Formia…».

Nessuno, nell’ultimo quarto di secolo, ha più migliorato i record del mondo di salto in alto, anomalia in uno sport in fieri

A Parigi

Dell’Italia dell’atletica che a Parigi proverà a eguagliare (o migliorare) il record di cinque ori di Tokyo, dice che «Non è scontato farcela, ma le potenzialità non mancano. Il mio ruolo di opinionista in tv? Tre anni fa mi divertii, ma stavolta la Rai non ha ancora chiamato». Di sicuro le regalerà un’emozione speciale vedere Gimbo Tamberi nel ruolo di portabandiera. Atleta e saltatore in alto, proprio come lei: «Sì, idealmente mi sentirò al suo fianco. A me quel ruolo capitò a Los Angeles ’84, e mi diede forza per arrivare dove non credevo di poter più arrivare». Già. Nessuno, nell’ultimo quarto di secolo, ha più migliorato i record del mondo di salto in alto, anomalia in uno sport in fieri: «Perché si gareggia troppo, rincorrendo le tappe della Diamond League». Parola di una campionessa capace di prendersi con leggerezza.

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