Aipd, 20 anni di iniziative. «Più lavoro per i ragazzi»

L’ANNIVERSARIO. L’Associazione italiana persone down riunisce 130 nuclei familiari bergamaschi. I successi: dal tempo libero all’autonomia abitativa.

«Di20amo grandi» è lo slogan che accompagna il 2024 della sezione di Bergamo dell’Associazione italiana persone down (Aipd) che ha iniziato la sua attività nel settembre 2004. Venti anni in cui l’associazione è cresciuta e i progetti si sono moltiplicati. Da sempre a guidare i passi di Aipd è stata la volontà di comprendere i bisogni delle famiglie, dei bambini e bambine, dei ragazzi e ragazze con sindrome di Down. «L’associazione – ricorda la presidente Patrizia Adosini – nasce da un gruppo di sette famiglie con bimbi con sindrome di Down che entrano in contatto con una sezione di Aipd già attiva in Italia. Ad ispirarle anche il video “A proposito di sentimenti” di Daniele Segre, diffuso da Aipd nazionale, che in questi giorni abbiamo ripubblicato sulla nostra pagina Facebook. Queste prime famiglie avevano avvertito la necessità di dare vita a qualcosa anche sul territorio bergamasco per favorire il confronto e la condivisione tra genitori. Ora le famiglie sono 130, dai primi due progetti mutuati da Aipd nazionale si è arrivati a quasi una ventina, sviluppati nel tempo a partire dai bisogni, andando ad ampliare la fascia di età dei giovani destinatari, che va dai 3/4 anni ai 35».

Famiglie coinvolte verso l’autonomia

Innanzi tutto, è presente il «gruppo accoglienza» che offre ascolto e orientamento ai genitori che ricevono una diagnosi prenatale e si trovano ad affrontare dubbi e paure. «Ogni nostro progetto – sottolinea la presidente – richiede il forte coinvolgimento della famiglia, perché cerchiamo di favorire l’autonomia dei ragazzi e talvolta i genitori, comprensibilmente, si trovano nella situazione di temere il distacco, abituati a proteggere il proprio figlio». Tra i progetti più innovativi, in fase di sperimentazione, ma già riconosciuto con il premio Inclusione 3.0 conferito dall’Università di Macerata, «Le chiavi di casa», ovvero «prove di autonomia» per un gruppo di 18-20enni, un’età precoce rispetto a progetti simili, destinati a ragazzi più grandi: «Da ottobre a gennaio – illustra Gabriella Ciullo, responsabile operativa di Aipd Bergamo –, quattro giovani si sono ritrovati nell’appartamento che abbiamo a Pedrengo per vivere insieme, sempre con la presenza di educatori, prima solo il giovedì e poi da giovedì a sabato, come momenti della vita quotidiana, quando c’è chi frequenta la scuola o lavora. All’inizio è stata percepita come una vacanza, ma poi hanno vissuto le difficoltà di conciliare orari diversi, di organizzarsi. Continueremo con la sperimentazione, che ha permesso ai ragazzi di riflettere su quale sia il loro bisogno, se quello di uscire dalla famiglia o rimanerci ancora». Altro progetto riguarda il «Benessere», ovvero una formazione pratica con il nutrizionista e fisioterapista per imparare a prendersi cura di sé. «I giovani sono molto sportivi – continua Ciullo – e rischiano di esagerare. È importante che si nutrano in modo appropriato, imparando a fare una spesa sana e a cucinare semplici ricette». Tra i progetti consolidati i percorsi di autonomia differenziati per fasce d’età. Fondamentale il lavoro di rete: «Aipd collabora con istituzioni scolastiche, servizi sociali, e tutte quelle realtà in cui i ragazzi si muovono – aggiunge Ciullo –. L’azione di Aipd diventa promozione culturale per tutta la società, perché spinge a guardare in modo differente la sindrome di Down».

L’obiettivo è cambiare la visione del lavoratore con disabilità che è una risorsa per tutti. Infatti, il clima di lavoro migliora per tutti, perché si sviluppa un’attenzione ai bisogni di tutte le persone al di là della disabilità.

La sfida già in atto e per il futuro riguarda il tema del lavoro: «I percorsi di inserimento lavorativo – afferma Ciullo –sono molto soddisfacenti per i ragazzi e per le aziende. L’obiettivo è cambiare la visione del lavoratore con disabilità che è una risorsa per tutti. Infatti, il clima di lavoro migliora per tutti, perché si sviluppa un’attenzione ai bisogni di tutte le persone al di là della disabilità. Dall’altra parte le famiglie sono supportate a vedere con occhi diversi il proprio figlio, cioè come un lavoratore. Anche in questo caso ci siamo resi conto della necessità di anticipare l’esperienza lavorativa ai più giovani. Così abbiamo avviato progetti per piccoli gruppi, accolti in aziende che si occupano di ristorazione, benessere e produzione agricola; nuove collaborazioni si possono avviare con le scuole superiori che prevedono l’alternanza scuola-lavoro». Altra novità è l’«App and Out», un’applicazione che aiuta a organizzare il tempo libero in maniera indipendente, a gestire le situazioni impreviste (come il cambio di orario o percorso di un mezzo), o a riservare un tavolo. Piccoli strumenti utili, nel percorso verso l’autonomia.

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