La triste finale del prof. Caudano: per il risultato, ma soprattutto per le «ferite» di Gasp e de Roon

storia. Il nuovo racconto di Stefano Corsi

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H a piovuto troppo, e troppo forte, troppo violento. Deserto il paese. Flagellate le colline. Il professor Caudano verso mezzogiorno ha guardato verso San Benedetto Belbo, e gli è venuto in mente il bellissimo incipit della “Malora” di Fenoglio. Non ricordandolo a memoria, lo ha cercato in internet. Perfetto, per quel mercoledì di acqua violenta: “Pioveva su tutte le langhe, lassù a San Benedetto mio padre si pigliava la sua prima acqua sottoterra. Era mancato nella notte di giovedì l’altro e lo seppellimmo domenica, tra le due messe”. Secco, inciso nella sintassi semplice e con la lingua concreta dello scrittore di Alba. Nel pomeriggio, il maltempo non ha dato tregua. Elvio è uscito dopo una lezione, a fare un giretto. Ma non ama camminare con l’impaccio dell’ombrello, sicché è rientrato subito. La luce s’è fatta avara già verso le sei. Un giorno di maggio che pareva febbraio, ma quando febbraio si ostina a sapere d’inverno e non vuole affacciarsi sulla primavera. Verso ora di cena, ha telefonato una collega da Jesi. Aveva voglia di chiacchierare. Elvio non aveva voglia di ascoltare cose di scuola. Ma quella è stata implacabile. Non ha capito che i monosillabi di risposta erano un modo per farle capire che la conversazione doveva essere breve. Vi si è invece infilata per dilagare. E l’argomento avrebbe anche avuto una sua rilevanza, se il suo interlocutore non si sentisse ogni giorno più lontano dal mondo della scuola, e se non avesse avuto in mente la finale di Coppa Italia che doveva iniziare di lì a poco meno di due ore. “La vuoi sapere la novità?”. Silenzio, inteso come assenso.