Barillà indagato per spaccio di droga «Di questa storia non so proprio nulla»

Daniele Barillà, il protagonista di un clamoroso errore giudiziario per il quale fu condannato a 15 anni di carcere e risarcito, dopo averne scontati 7 (parte dei quali nel carcere di Bergamo), con oltre 2 milioni di euro, torna al centro delle cronache giudiziarie. Il suo nome compare in un’inchiesta per traffico di droga condotta dal sostituto procuratore della Repubblica di Como, Antonio Nalesso. In particolare Barillà sarebbe coinvolto in uno stralcio dell’indagine «Tartaruga» rimbalzata fra Milano, Monza e Como, riguardante un giro di spaccio di cocaina smantellato dalla Squadra mobile comasca. Nell’inchiesta sono indagate 22 persone: cinque albanesi e 17 italiani, alcuni dei quali già sottoposti in passato a custodia cautelare. L’episodio contestato a Barillà sarebbe stato consumato fra il 15 e il 30 marzo 2001. L’imprenditore milanese è accusato di aver acquistato droga da un compaesano di Nova Milanese, Salvatore Arena (che l’avrebbe importata dalla Spagna) e poi spacciata. Un’accusa che sarebbe stata formulata in seguito a una serie di intercettazioni telefoniche.

Raggiunto al cellulare, Daniele Barillà si dice sbigottito e incredulo: «Ci risiamo un’altra volta. Non so nulla di quella vicenda, non ho ricevuto alcuna notifica e in 6 anni non sono mai stato sentito o chiamato da nessun magistrato o dalle forze dell’ordine».
Barillà, dopo la condanna e la riabilitazione, aveva scritto un libro e la sua storia era diventata una fiction trasmessa su Rai Uno intitolata «L’uomo sbagliato», interpretata da Beppe Fiorello. Dopo aver ottenuto una parte del maxi risarcimento («ma lo Stato italiano mi deve ancora 300.000 euro» precisa), aveva deciso di lasciare l’Italia per recarsi all’estero con la moglie e il figlioletto.

Attualmente si trova in una località della Francia, «ma talvolta torno in Italia – dice –. L’ultima risale a fine marzo. Mi sono recato in una stazione dei carabinieri per sporgere una denuncia di smarrimento della patente e di altri documenti e il 31 marzo sono stato ospite di una trasmissione televisiva. Finora non ho ricevuto alcun avviso di garanzia da nessun tribunale».

Il suo nome compare con quello di Salvatore Arena. Lo conosce? «Certo, è di Nova Milanese. Abitava vicino a casa mia e ha deposto come testimone a mio favore nel processo che ha segnato la fine dell’incubo dopo sette anni di carcere ingiusto, parte dei quali li ho trascorsi nella Casa circondariale di Bergamo».
Barillà è ora difeso dallo studio Costa di Gioiosa Ionica. Il suo legale ha affermato che «Daniele non ha assunto nessuna qualità processuale», in poche parole non sarebbe né indagato né rinviato a giudizio. In realtà l’avvocato Costa conferma solo di non aver ricevuto alcuna notifica.
«In ogni caso sono tornato nell’incubo di sempre – aggiunge Barillà –. Non comprendo come ciò sia possibile. Non mi spiego in particolare perché in questi sei anni di indagini nessun magistrato ha pensato di chiamarmi a deporre».
È pronto a rientrare in Italia qualora fosse necessario oppure ha paura?
«La paura è uno stato d’animo che mi ha accompagnato per molti anni. Me ne sono andato in Francia per rifarmi una vita e vedo che non è servito a nulla. Non ho paura ad affrontare altri interrogatori, ma temo certamente di finire in una vicenda o in una trappola di cui non so assolutamente nulla. È ancora più difficile difendersi quando si è innocenti. Meglio non parlare di fiducia nella giustizia, lascio che parlino i miei legali».
Insomma secondo lei, si tratta di un secondo clamoroso errore giudiziario?
«È chiaro. Cosa può pensare un lettore che conosce la mia vicenda e ora mi vede sbattuto nuovamente sui giornali per una storia di droga? Sono riuscito a ricostruirmi un’immagine. E me l’hanno già demolita».(13/04/2007)

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