A Londra Elena studia
le cellule cerebrali

La base di partenza è stata la Psicologia, ma sul «suo» lettino non siedono pazienti intenti a narrare la propria esistenza, ma piccoli e docili bambini: la giovane bergamasca Elena Serena Piccardi ne osserva direttamente le onde della materia grigia nei laboratori sperimentali della Birkbeck University di Londra, dove da ottobre sta affrontando il primo anno di dottorato in Neuroscienze Cognitive dello Sviluppo. L’obiettivo del suo team di ricerca applicata? Osservare le onde elettriche generate dall’attività del cervello, per anticipare i sintomi dell’autismo e di altri disturbi infantili.

E come se non bastasse, nel prestigioso complesso accademico Elena trascorre tre sere a settimana, dedicandosi all’insegnamento di due corsi per adulti. Nata nel gennaio ‘91 e originaria di Castione della Presolana, prima di approdare nella City Elena ha toccato varie tappe fondamentali per la sua carriera accademica e professionale passando da Bergamo, Padova e Boston: «Terminato il liceo scientifico all’istituto Fantoni di Clusone, ho fatto una scelta un po’ naif: avevo un interesse nascosto per la psicologia, senza avere una grande consapevolezza del percorso che si sarebbe prospettato. Dopo aver acquisito le basi della disciplina dal punto di vista strettamente clinico con la laurea triennale a Bergamo, ho sentito il desiderio di muovermi verso una magistrale più scientifica e impostata sulla ricerca».

La scelta è caduta sull’Università di Padova, con un corso a numero ristretto in inglese: «È stata una grande opportunità formativa per migliorare la lingua e proiettarmi nel futuro» commenta Elena. «In Italia ho svolto una ricerca sullo “sviluppo tipico” con infanti di 6 mesi: grazie a uno strumento chiamato elettroencefalografia, registravamo l’attività cerebrale in risposta a stimoli sociali. Sono grata all’Università di Padova, che avendo implementato una collaborazione con Boston, la scorsa primavera mi ha permesso di muovermi alla Scuola di medicina di Harvard e lavorare come assistente di ricerca nell’ospedale pediatrico dell’Università». L’esperienza americana, che Elena definisce come «positivamente travolgente», le ha permesso di sbarcare in autunno a Londra: «Nel campo della ricerca è fondamentale la collaborazione: ho contattato un gruppo di neuroscienziati inglesi in connessione con Boston, ottenendo un dottorato fino al 2019».

Elena entra nel merito del suo lavoro quotidiano: «Prima negli Usa e ora qui a Londra il focus è spostato verso un ambito applicato, nello specifico sull’aspetto dei disturbi: l’obiettivo principale è individuare nell’attività del cervello dei possibili precursori che compaiono prima che emergano i sintomi caratteristici dell’autismo o di altri disturbi comportamentali. Si seguono infanti dai 5 ai 10 mesi e fino ai 3 anni per capire se ci sono degli aspetti indicizzati che possano predire che cosa accadrà; ciò potrebbe aiutarci a implementare delle strategie terapeutiche capaci di anticipare il disturbo, piuttosto che a trattarlo col senno di poi. La settimana non finisce mai: le sessioni sperimentali si svolgono anche il sabato e la domenica visto che la disponibilità delle famiglie è limitata, ma non mi risulta pesante perché mi muove la passione ed essere circondati da bambini è sempre bello». Elena traccia poi un parallelismo con il nostro Paese: «È noto come in Italia i posti disponibili per i ricercatori siano pochi. La competizione che si è creata ostacola il dialogo e la condivisione dei risultati: a lungo andare ciò non è costruttivo. Si è ancorati a una gerarchia che riduce gli spazi e rallenta la possibilità di imparare. All’estero l’ambiente è molto giovane, aperto ad accogliere diversi punti di vista e a ricevere critiche proficue. A Londra, ad esempio, i diversi gruppi di ricerca partono dal presupposto che “nessuno sa tutto” e il confronto è all’ordine del giorno: è bellissimo essere circondati da persone che hanno ampliato conoscenze diverse e che osservano e tentano di risolvere uno specifico problema attraverso prospettive e approcci differenti». Dopo intense giornate a raccogliere dati, fare test con i bambini e analizzarne i risultati, Elena trova miracolosamente il tempo per preparare lezioni e insegnare discipline altamente specializzate: «La struttura universitaria ha questo aspetto non convenzionale: offre corsi serali per studenti maturi che hanno una carriera avviata e decidono di ampliare le loro conoscenze. Insegno statistica e neuroscienze dello sviluppo per 9 ore di lezione complessive a settimana. Prima di iniziare, mi spaventava l’idea di rapportarmi con persone che hanno molta più esperienza di vita rispetto a me, ma ho imparato che sono in aula per insegnare cose tecniche: da loro apprendo sotto altri aspetti, c’è uno scambio alla pari e questo mi entusiasma».

Un aspetto che invece crea un certo scompiglio, è stato il risultato del referendum consultivo di giugno, che ha sancito l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea: «È stata una sorpresa che non riesco a spiegarmi, un vero colpo per tutti noi nel contesto della ricerca – commenta Elena –. Si prospetta la fine di importanti finanziamenti Ue, un Regno Unito che si trova a dover gestire le proprie ricerche in maniera indipendente dai suoi “vicini” e una diminuzione degli studenti europei che dovranno pagare molte più tasse per il corso di studi». Nonostante le nuvole scure della Brexit, Londra è destinata a rimanere una città-mondo: «Mi sono imposta di avere almeno mezza giornata libera a settimana e questo è il posto migliore per non annoiarsi, ha un’offerta infinita in ogni campo. Tra i vantaggi ci sono i musei gratuiti. Condivido una casa con due ragazzi ed è confortante aver trovato qualcuno che, senza essere intrusivo, si interessi di te. I miei genitori mi mancano ma è anche vero che volare in Italia mi richiede un’ora meno che attraversare Londra in metrò. È puro relax per il mio cervello passare ogni tanto qualche giorno a Castione della Presolana: smaltito il surplus di stimolazioni e movimento mi piace tornare nella City, è un luogo che mi appassiona». Sul futuro Elena lascia aperte tutte le porte: «Mi godo i prossimi anni a Londra e poi andrò dove è necessario, non ci sono vincoli di luogo: la ricerca va a braccetto con l’essere flessibili, l’importante è continuare a imparare e crescere».

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per sei mesi l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].

© RIPRODUZIONE RISERVATA