Alice, in Australia
crea la luce con i funghi

Alice Bonicelli, è una 25enne di Colognola che ha sviluppato lo speciale sistema Biolux per l’ illuminazione di interni e ha realizzato il prototipo della lampada senza fili. Il destino di ogni Alice è di finire, prima o poi, in un Paese delle Meraviglie. Quello di Alice Bonicelli, designer 25enne di Colognola, risponde al nome di Australia: un sogno che ha concretizzato solo di recente, dopo un lungo percorso iniziato a raccogliere peperoni e zucchine in una sperduta «farm» in mezzo al nulla, nello Stato di Victoria, seguito da un romanzesco «coast to coast» americano e culminato in una sosta europea di due anni per portare a termine gli studi in Olanda.

Come dire, una vita poco comune? Eppure siamo soltanto all’ inizio del racconto, perché la nostra Alice è una che con la dimensione del meraviglioso ha parecchia familiarità. È persino capace di creare oggetti straordinari, che sembrano usciti dalla bottega di un alchimista: come la lampada a induzione elettromagnetica, o «Biolux», progetto che esplora la possibilità di illuminare gli interni utilizzando il bagliore dei funghi della specie «Pannellus stipticus», che la notte emanano una luce verdastra.

Ma procediamo con ordine. Per la bergamasca, classe 1991, l’ amore per il design è una naturale conseguenza del suo milieu familiare: papà Mario è un affermato architetto, mamma Daniela arredatrice. La svezzano a punta di mostre e musei in giro per l’ Europa e così, una volta ultimati gli studi al Sarpi, decide di coltivare questa vena artistica: scarta l’ Accademia, consapevole della penuria di sbocchi professionali, e si iscrive a Design di interni al Politecnico di Milano. «A luglio 2013, a conclusione della laurea triennale, ho deciso di prendermi un anno sabbatico. Avrei voluto fare un Master all’ estero, ma il mio inglese era troppo scolastico: sapevo di doverlo migliorare. Così, insieme a due amiche, abbiamo deciso di girare il mondo: per imparare questo benedetto inglese e, al contempo, allargare gli orizzonti». Sulla meta iniziale di questo «Gran Tour» del XXI secolo, non c’ è nessun dubbio: bisogna salire su un aereo con direzione Sydney. «Conoscevo molte persone reduci da un periodo in Australia e ad accomunarle erano i racconti entusiastici: clima incantevole, mille opportunità lavorative, remunerazioni pazzesche».

Il sogno australiano non tradisce le aspettative della giovane designer. «Nonostante masticassi poco la lingua, non ho fatto in tempo ad atterrare che ero già stata arruolata come cameriera da un ristorante italiano. Dopo sette giorni passati a servire ai tavoli, ecco la prima sorpresa: tra mance e paga ufficiale, avevo una busta paga settimanale di 700 euro. Con quella cifra riuscivamo a pagarci l’affitto, tanti extra e, soprattutto, a mettere da parte dei bei soldini per i viaggi futuri».

Prima di lasciare la Terra dei canguri, Alice lavora per 88 giorni in una fattoria, requisito che il Governo richiede per rilasciare il secondo anno di «Working holiday Visa». «Con le verdure che raccoglievamo, facevamo barbecue ogni sera nel residence dove vivevamo tutti insieme, noi stranieri. Era un villaggio minuscolo, con non più di venti case: un’esperienza di assoluta serenità». Ma il peregrinare non è ancora finito: con il gruzzoletto accantonato, le tre amiche si avventurano negli Stati Uniti. «Abbiamo noleggiato una minuscola utilitaria, attraversando il deserto e le montagne rocciose. Poco cibo e zero comodità: abbiamo preferito spendere tutto in musei!». Al termine dell’anno sabbatico, arriva il momento di iscriversi a un master in «Retail design» (arredo di negozi, ndr) all’università di Rotterdam. «A differenza del Politecnico, legato all’insegnamento della progettazione degli spazi, in Olanda si sperimenta molto: ci hanno formati al motto di «Rompete i confini del concetto tradizionale di architettura e design e contaminatevi!».

E lei prende la palla al balzo: nel 2015 presenta al Salone del Mobile di Milano la già citata lampada senza fili, funzionante solo con l’induzione elettromagnetica. Osa ulteriormente con Biolux, fulcro della sua tesi di laurea, sviluppato in collaborazione con il dipartimento di microbiologia dell’Università di Utrecht. «L’idea è di utilizzare la luce che questi funghi producono per loro natura e illuminare ambienti interni. Alla fine degli esperimenti ho creato un’installazione servendomi di tubi di vetro e plexiglass sterilizzati a 100 gradi, riempiti con un substrato adatto a far crescere il “Pannellus stipticus”, e una polvere luminescente attivabile attraverso lampade a raggi Uv: in quel modo ho ricreato ciò che io e gli scienziati potevamo vedere in laboratorio. Il progetto è stato accolto positivamente: ne sono seguite diverse pubblicazioni».

Il resto è storia recente: da settembre la ragazza si è nuovamente trasferita in Australia. «Sono stati sufficienti pochi giorni per essere arruolata come consulente da due studi, ma il mio obiettivo è di essere assunta da una realtà grande, che mi consenta di continuare con la sperimentazione sui funghi. È uno dei miei tanti desideri: l’altro - trasformare la lampada a induzione elettromagnetica in realtà, perfezionando il prototipo - potrebbe prendere presto forma, considerato che un’azienda bergamasca si è dimostrata interessata».

Bergamo, appunto: definitivamente archiviata? «No. Prima o poi vorrei tornare per rimanere, ma ora è presto: non è facile trovare un impiego. Purtroppo l’Italia offre poco a noi giovani in termini occupazionali. E i miei genitori incoraggiano il mio percorso: papà, ad esempio, non ha mai fatto leva sul fatto che potrebbe farmi lavorare da lui. Hanno sempre spinto me e mio fratello a lasciare il nido e volare via». E così, Alice continua a fantasticare ad occhi aperti. «Quando dico che sono una designer italiana, qui strabuzzano gli occhi. Del resto siamo mondialmente riconosciuti per il buon gusto e la preparazione accademica, merito dei tanti connazionali che hanno fatto la storia del design. Il mio idolo? Ingo Maurer. Ricordo bene la meraviglia che provai la prima volta che vidi “Lucellino”, la sua celebre lampada. Magari potessi collaborare con lui, un giorno!». Chissà che anche questo sogno prima o poi non si avveri.

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