Danila, lascia la banca e parte
Ora «cura» 1.500 bambini in Brasile

Danila Piloni undici anni fa partì da Mozzanica per trasferirsi nel piccolo villaggio di Tururu. «Gli ex colleghi mi diedero per pazza, ora mi aiutano». «No, non mi sono mai chiesta: chi me lo ha fatto fare? La verità è che in qualunque Sud del Mondo mi trovassi, mi sentivo a mio agio: ogni volta, quel luogo diventava casa. Perché sapere da dove vieni, avere delle radici solide, ti dà un senso e tanta sicurezza: la mia casa, io, ce l’ho sempre con me. È dentro al mio cuore». Non lascia spazio a esitazioni o timori la voce di Danila Piloni, 48enne di Mozzanica.

La consapevole gentilezza delle sue parole è la normale conseguenza di un animo nobile: undici anni fa disse addio al posto fisso in banca per potersi dedicare anima e corpo alla cooperazione internazionale a seguito della onlus «Amici del Brasile», accettando di trasferirsi a Tururu, villaggio di 4.000 anime nella parte nord-orientale del Paese sudamericano.

Spesso, mentre ripercorre la sua storia, sciorina perle di saggezza che hanno il sapore dell’aforisma. Sembrerebbe di trovarsi al cospetto di una filosofa, ma lei si schernisce. «Sono soltanto una persona che ha scoperto chi fosse poco alla volta: girare il mondo, confrontarmi con l’altro, mi hanno permesso di capire come non fossi e cosa non volessi. E, a dirla tutta, mi sono diplomata in ragioneria a 22 anni, al serale». Si dice che l’umiltà sia la virtù dei grandi. E la grandezza di Danila traspare quando le si fa notare che il suo vissuto ha un che di straordinario. «Macché! È che sono bergamasca, per giunta cresciuta in un paesino dove era abituale supportare il gruppo missionario o dare una mano ai vicini: cercare di aiutarsi, praticare la solidarietà, sono condizioni naturali dell’essere umano», spiega.

Eppure non è proprio così. Lo sa bene il suo capo alla Popolare di Bergamo, che le diede bonariamente della pazza quando - dopo l’anno di aspettativa spesa a Tururu – diede le dimissioni. C’era quasi da aspettarselo, considerato che nei dodici anni all’interno del gruppo, Danila aveva utilizzato le ferie per andare ovunque ci fosse bisogno: Guatemala, Perù, Nicaragua, Messico, Namibia. Insieme a lei, la sorella Laura e due amiche, Carla e Manuela. «Oggi, però, sia il mio vecchio responsabile che gli ex colleghi della filiale di Caravaggio sono in prima linea per supportare i progetti della onlus», puntualizza. «Amici del Brasile» nacque nel 1977 per volontà di don Arnaldo Peternazzi - già vicario di Mozzanica - profondamente scosso dalle condizioni di povertà e miseria che trovò nella parrocchia di São João Batista di Uruburetama (Cearà), dove rimase per una decade. Al grido di «Servo di tutti, schiavo di nessuno», l’opera di evangelizzazione di don Arnaldo andò ben oltre l’annuncio della Parola di Dio: la denuncia, la testimonianza e l’azione furono i pilastri della sua opera missionaria, che a distanza di 40 anni continua a dare frutti. Oggi l’ente realizza progetti di educazione formale e complementare per 1.530 bambini brasiliani e, contemporaneamente, prepara gli educatori a contatto con i piccoli studenti.

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per sei mesi l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].

© RIPRODUZIONE RISERVATA