Igor a Melbourne
alla scoperta dell’Universo

Nuovi segnali dalle profondità dell’Universo. Negli ultimi anni sono stati rilevati imprevedibili lampi di onde radio in punti casuali nel cielo. Non se ne conosce la sorgente e non si esclude che abbiano origine in un’altra galassia.

Durano alcuni millesimi di secondo, per poi sparire senza lasciare traccia. Gli scienziati li hanno ribattezzati «fast radio burst», e allo studio di quello che attualmente appare come un rompicapo inestricabile, partecipa con entusiasmo trascinante anche il giovane astrofisico Igor Andreoni, trasferitosi da qualche mese a Melbourne nel centro d’osservazione astrale della Swinburne University.

Nato a Milano nell’89, ha vissuto nella Città dei Mille da quando ha 7 anni. «Mi sento bergamasco al 100% – racconta –. Mi sono trasferito a Colognola fino ai 14 anni, per poi spostarmi nel quartiere Santa Lucia: lì ho trovato un ambiente meraviglioso e quelli che ora sono diventati i miei amici storici».

La sua passione per il cielo dinamico si è costruita un passetto alla volta. Al diploma al liceo scientifico Mascheroni e alla laurea triennale in Fisica all’Università della Bicocca a Milano, è seguita una specializzazione in astrofisica in Statale sempre a Milano, nel corso della quale è volato oltreoceano per svolgere la prima ricerca sul campo alla George Washington University: «È stata un’esperienza breve ma molto tosta – continua Igor –. Lì ho capito che l’andare a studiare l’estremamente grande ti dà una sottile sensazione di libertà».

La grande fascinazione per quel mondo pieno di imprevisti lo ha portato poi a svolgere un anno di tesi di ricerca all’Osservatorio di Brera con sede a Merate, durante il quale ha osservato i cambiamenti nel tempo di determinati oggetti celesti: «Con un satellite a raggi X e ultravioletti, ho cercato l’esplosione di una Supernova – spiega –. Anche se non l’ho trovata, il bello di fare scienza è che il non-risultato è importante quanto il risultato, perché permette alla ricerca di crescere, porre dei limiti, cambiare direzione».

Dal marzo 2015, sta conseguendo un dottorato di ricerca in Australia e ci rimarrà per almeno tre anni :«Il centro di ricerca della Swinburne University è nuovo, in espansione e investe in modo considerevole: permette l’accesso diretto a importanti telescopi e ti consente di viaggiare molto per osservazioni e conferenze. Ho in previsione alcune spedizioni negli Stati Uniti e con ogni probabilità in Cile. Inoltre attira studenti e astronomi da tutto il globo: siamo un gruppo di 80 persone e tra i 10 italiani presenti ci sono ben tre bergamaschi».

I suoi occhi prendono a brillare quando spiega la costruzione dell’attuale progetto di ricerca: «All’inizio non ci credevo, ma qui le idee ciclopiche possono essere davvero sviluppate: incontrare un responsabile eccezionale come Jeff Cooke, grande cacciatore di Supernovae statunitense, mi permetterà di ampliare la gamma di fenomeni che posso studiare, ma anche di lavorare sugli argomenti a cui ho iniziato ad appassionarmi durante le mie esperienze scientifiche precedenti. L’obiettivo principale è captare quei transienti – ovvero ciò che compare nel cielo per poi scomparire di nuovo – detti “fast radio burst” attraverso il telescopio ottico. Finora non è mai successo, se non raramente e grazie al radio telescopio».

«È un fenomeno molto difficile da vedere – spiega – e ci vuole anche una buona dose di fortuna: ha tempi scala molto brevi ed è ancora completamente avvolto nel mistero. Il mio studio secondario si focalizza sulle Supernovae, su catture gravitazionali e distruzioni di una stella da parte di un buco nero massivo, o ancora, nella ricerca di controparti elettromagnetiche delle onde gravitazionali, con le quali già mi sono confrontato a Washington, nel contesto di una nuova branca dell’astronomia chiamata Multi-messenger Astronomy. Nel medio periodo vorrei, invece, attuare questo programma: avere a disposizione diversi telescopi che con occhi diversi guardano la stessa regione di cielo alla ricerca di esplosioni ed eventi di durata brevissima, e quindi molto difficili da catturare».

L’immensità forse infinita dell’Universo, porta con sè quesiti altrettanto imponenti: l’esistenza di altre forme di vita appare ovvia? «È molto probabile per motivi statistici – afferma senza esitazioni Igor –. Si parla nell’ordine di centinaia di miliardi di sistemi come la nostra galassia, che contengono a loro volta miliardi di stelle, la maggior parte delle quali possono ospitare un pianeta».

La mente ritorna sulla terra, precisamente nella quotidianità di Melbourne: «È un posto esotico, molto verde, con un centro economico-turistico avanzato, quartieri residenziali grandissimi e tanti piccoli punti di incontro, mentre al di fuori c’è il nulla. È incredibile! Crocevia di molte culture che si uniscono, è difficile trovare qualcosa di tipicamente australiano perché è una città paradossalmente troppo cosmopolita. E poi, avere vicino l’oceano è una sensazione bellissima. Ho percepito la sua potenza facendo surf: il risultato è stato disastroso, ma conto di riprovarci».

«Dopo anni da pendolare tra Bergamo e Milano – racconta ancora Igor –, ho scelto di vivere a cinque minuti di bicicletta dall’università. Il mio coinquilino è un cuoco inglese: anche stavolta l’ho scampata sui turni in cucina». Nonostante la distanza, la sua predilezione per il magico rettangolare verde non si ferma: «Nel poco tempo libero gioco a calcio. Tifo Milan e ho una grande simpatia per l’Atalanta ma, in fondo il cuore batte fortissimo solo per il Santa Lucia, la mia squadra di calcio a 5 che sa di armata brancaleone: tutto è autogestito tra gli amici di una vita. Quest’anno abbiamo fatto un campionato incredibile, purtroppo mi sto perdendo le partite decisive. Qui, mi sono accodato a una squadra locale di calcio a 11: è sempre bello allenarsi e far parte di un gruppo».

Infine, la domanda di rito sul «cosa ti manca» porta una riflessione per niente scontata: «Non avere in mano un biglietto di ritorno crea un certo scompiglio e penso spesso ad amici, mia mamma, fratelli e nonni. Ma è una nostalgia positiva perché qui sto facendo quello che mi piace. Mi manca il modo di stare assieme e fare gruppo degli italiani, o più in generale dei ragazzi di cultura europea o latina: a Melbourne c’è molto individualismo, i rapporti sono molto più liquidi e non è facile entrare in una relazione capace di andare oltre i sorrisi e la cortesia, che comunque fanno piacere e creano un clima gioioso. Volevo vedere qualcosa di nuovo rispetto all’Italia, che non ho mai denigrato. Da qui è ancora più splendida: si può stare in cima a un’incantevole montagna come il nostro Paese per una vita intera, ma solo scendendo per ammirarla da distanze e punti di vista diversi, se ne può scorgere pienamente la bellezza».

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