Prof di Urbanistica
studia le città del futuro

Definirlo semplicemente un professore bergamasco trasferitosi oltralpe è riduttivo: la quotidiana attività di Marco Cremaschi, classe 1959, cresciuto a Bergamo città e oggi professore presso la Scuola Urbana dell’università Sciences Po di Parigi in Francia, va oltre la tradizionale modalità di insegnamento universitario.

D’altronde è l’impostazione della celebre università per cui lavora che lo impone: qui le parole d’ordine sono interdisciplinarità e innovazione, a cui Marco Cremaschi aggiunge una buona dose di voglia di affrontare nuove sfide e uno sguardo internazionale.

Dopo essersi diplomato al Liceo Classico Sarpi (curiosità: nella sezione accanto a quella del sindaco di Bergamo Giorgio Gori), Marco Cremaschi si è trasferito a Venezia, dove ha conseguito laurea e dottorato in Urbanistica. Incarichi di ricerca prestigiosi come la Marie Curie e la Fulbright gli hanno permesso di lavorare a Londra e negli Usa per insegnare in seguito presso l’Università Roma Tre, dove si è occupato della magistrale di Progetto Urbano per vent’anni.

Recentemente la svolta di Parigi, dove si è trasferito nel 2015 superando una dura selezione internazionale, in tempo per la nascita della Scuola Urbana dell’ateneo. «Si tratta di una realtà – racconta Cremaschi – unica nel panorama europeo, che riunisce sociologi, scienziati politici, esperti di rinnovamento urbano, geografi, architetti, esperti di diritto ed altri profili. Io qui insegno urbanistica, dirigo la magistrale denominata “Cycle d’urbanisme” e studio come cambiano le città nel mondo». Il tutto all’interno di una delle più importanti università francesi e tra le più quotate a livello globale. Nel 2016, Sciences Po Paris si è infatti classificata prima in Francia e quarta nel mondo tra le università di scienza politica e relazioni internazionali, dietro ad Harvard, Oxford e London School of Economics: ha formato quattro presidenti della Repubblica francesi, undici primi ministri, nonché numerosi capi di stato esteri, personalità politiche, diplomatici. Sciences Po, dove insegnano numerosi italiani (e bergamaschi: il sociologo Marco Oberti, l’economista Roberto Galbiati) è spesso il primo passo per i pochi eletti che saranno chiamati a frequentare l’Ena (l’École Nationale d’Administration) dalla quale passano i più alti funzionari di stato francesi.

«Per me – spiega Cremaschi – era un’avventura professionale imperdibile. La caratteristica della scuola è l’approccio interdisciplinare e pratico sia all’urbanistica che alla politica, un mix inscindibile che chiamiamo la “fabbrica della città”. L’interdisciplinarità è un fatto scontato per l’urbanista, ma ormai a tutti è richiesto di lavorare insieme ad altre professionalità: da noi, poi, più della metà dei docenti sono professionisti esterni che apportano un sapere pratico transdisciplinare. Va precisato inoltre che, per la metà della settimana, gli studenti affrontano progetti e problemi di natura professionale su richiesta di imprese, centri studi o collettività locali, e al termine dell’anno consegnano uno studio o un progetto tecnico: il compenso corrisposto dai committenti è reinvestito nell’ organizzazione di viaggi e workshop sul campo».

Simili viaggi, in tutta Europa, sono frequenti: tra gli ultimi, Marco Cremaschi ha guidato un gruppo di studenti a Lampedusa. «Perché l’isola – spiega – deve governare un piccolo territorio e insieme accogliere i migranti in fuga che attraversano il Mediterraneo. Gli studenti hanno contribuito al piano locale con una serie di proposte e progetti per la cittadina, l’ambiente naturale e lo sviluppo locale. Al workshop di Lampedusa hanno partecipato 40 giovani (una media di 27 anni), tutti già con una laurea magistrale, alcuni già con esperienze lavorative di due o tre anni alle spalle. Si è trattato di una full immersion di una settimana, in cui abbiamo lavorato su uno scenario che rendesse compatibili le esigenze di accoglienza dei rifugiati, quelle degli abitanti e l’ambiente naturale, tra i più belli del mediterraneo. I ragazzi sono stati molto bravi, e sono riusciti a consegnare al sindaco il documento completo la mattina della partenza, aiutati dai nostri docenti e da esperti, tra i quali l’urbanista bergamasco Davide Cornago, già intervenuto sull’isola tempo fa».

Molto importante è stato anche l’apporto di Giusi Nicolini, prima cittadina di Lampedusa, che ha sostenuto il progetto. «È venuta a Parigi – continua – per spiegare agli studenti come aiutarla nel progetto di riqualificazione urbanistica e ambientale dell’isola: ne è nato un bel lavoro che speriamo possa essere d’aiuto all’amministrazione e ai cittadini lampedusani. E che ha ricevuto un premio dall’Aesop, l’Associazione europea delle scuole di urbanistica. L’anno prossimo ripeteremo questa esperienza a Salonicco, in Grecia». Se vivere e lavorare all’estero per molti rappresenta una svolta radicale, per Marco Cremaschi (con lui a Parigi si è trasferita la moglie Paola Bartuli, psicologa del lavoro) non è così: «Potrei dire – spiega – che più che altro ho cambiato quartiere: in fondo Parigi è molto vicina, c’è sempre l’aeroporto di Bergamo, tornare non richiede che un attimo».

E sui suoi progetti futuri commenta: «Sono arrivato da poco, il mio lavoro mi piace molto e per il momento ho in programma una serie di risultati, poi vedremo: di certo, il premio Aesop per l’iniziativa di Lampedusa è solo l’antipasto. A Natale è arrivato un finanziamento per uno scambio di dottorati con la Columbia University: mandiamo i nostri giovani a fare ricerca a Manhattan e io ricevo i loro qui a Parigi. Non mi sento di essere un espatriato dall’Italia – commenta –, sono semplicemente un professore italiano che lavora in altre lingue. La Francia e l’Italia sono paesi cugini, hanno difetti in comune e virtù diverse, e i francesi nonostante tutto hanno rispetto per gli italiani: certo in Francia si lavora meglio, Parigi è una città fantastica. Ma non dimentichiamo – conclude il professore bergamasco – che il grande architetto francese Le Corbusier si è inginocchiato davanti alla bellezza di Città Alta quando è venuto a visitare Bergamo».

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per sei mesi l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].

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