«Sliding doors sulla spiaggia
del futuro a Fortaleza»

«Le mie Sliding doors sulla Praia do Futuro di Fortaleza. Agosto 2013: ero in cassa integrazione, i miei amici erano in vacanza in Brasile e continuavano a insistere, volevano che li raggiungessi, così sono volato a Fortaleza, sia pure senza grande entusiasmo. Un giorno in spiaggia, mentre i miei amici erano spaparanzati al sole, su invito di un italiano che non conoscevo, ho giocato una partitella a calcetto due contro due, un Italia-Brasile sulla sabbia.

È finita 2-0 e ho anche segnato (sul risultato c’è qualche dubbio, conoscendo il piede ruvido del nostro protagonista, ndr), ma l’incredibile è che, chiacchierando, ho scoperto che l’italiano era - ed è tuttora - il presidente trevigiano di una compagnia di costruzioni, la Muza Construtora, e aveva appena perso un suo dipendente che aveva un ruolo analogo al mio. Incredibile, era in pratica il mio lavoro! Ci siamo intesi al volo, un paio di colloqui, la visita in azienda, io sono rientrato in Italia a fine vacanza, ci siano definitivamente accordati a Treviso e dopo l’estate ero a Fortaleza a lavorare. E ci sono rimasto. Quando si dice il destino...».

Lui è Gabriele Maifredi, 46 anni, bergamasco di città (è cresciuto in via Suardi), ha studiato al Lussana e si è laureato in Ingegneria gestionale al Politecnico di Milano nel 1995. Parla quattro lingue ed è un tipo intraprendente. Dopo uno stage alla Brembo, si è subito immerso nel mondo del lavoro e in vent’anni ha girato una decina di aziende, quasi tutte multinazionali straniere, «per crescere professionalmente, sia sul piano delle gratificazioni personali che dello stipendio. Se non vai sempre a caccia di nuovi stimoli rischi di essere “dimenticato” in azienda». Produzione, logistica, acquisti, controllo di gestione, sempre un gradino in più. Nel 2008 è approdato in una multinazionale belga, la Reynaers, specializzata in serramenti in alluminio per porte e finestre con sede a Castenedolo. «Ero diventato Supply chain manager, in pratica mi occupavo dell’intero ciclo produttivo, dal reperimento delle materie prime alla consegna del prodotto finito. Pur realizzando un articolo top, l’azienda non si era ancora consolidata in Italia, così ha pagato la crisi dell’edilizia e nel 2013 ha dovuto chiudere». Ma Gabriele, con la passione del trading di materie prime, diventato quasi un secondo lavoro, è rimasto a spasso soltanto qualche mese.

E ora racconta: «La Muza Construtora è un’azienda di circa 400 dipendenti, di cui una ventina italiani, sana, che lavora bene e che sa districarsi nella burocrazia brasiliana che è più esasperante e lenta di quella italiana, per cui potete immaginare... Alessandro Zandarin, il presidente, l’italiano che mi invitò a giocare a calcetto, è quasi un mio coetaneo ed è molto preparato, ha scelto Fortaleza dopo un’indagine di mercato e aver girato tutta la costa del Brasile e ha fondato la Muza Construtora nel 2008. Abbiamo stretto un forte legame con la Caixa Economica Federal, una delle banche principali del Brasile, che ha lanciato il progetto “Minha casa minha vida” consentendo ai brasiliani di comprare casa a tassi agevolati. La Caixa ci aiuta finanziariamente ma ci concede prestiti soltanto se non sgarriamo nella tempistica dei lavori, così come eroga mutui a clienti soltanto se sono persone affidabili e in grado di pagare le rate. La nostra forza è costruire case di medio livello con design italiano e a buon prezzo e di essere inappuntabili in tutto e per tutto. Il nostro cliente-tipo è appunto il brasiliano che compra la sua prima, vera casa. La Muza ha già venduto mille appartamenti e ce ne sono altri 500 in fase di esecuzione. Costruiamo condomini a circa una decina di chilometri dal mare, hanno un bel parco con piscina, campi da tennis e calcetto e le metrature principali delle abitazioni vanno dai 50 ai 70 metri quadrati, uno standard brasiliano, ma noi abbiamo l’abilità di far saltare fuori due bagni e due camere da letto anche nella soluzione con minor superficie. Sono appartamenti - costano dai 50 mila ai 70 mila euro circa - che possono anche rappresentare un buon investimento per uno straniero perché si rivalutano di oltre il 10% all’anno».

E Gabriele sta crescendo anche alla Muza: «Sono entrato in azienda come responsabile dell’implementazione del sistema informativo e via via ho aumentato le mie competente abbracciando il controllo di gestione, cioè devo preoccuparmi che i costi previsti siano il più possibile aderenti a quelli reali, e contribuendo alla gestione degli stock di materiali e agli acquisti».

Com’è la vita in Brasile? «A Fortaleza lavoro sodo, 9-10 ore al giorno per cinque giorni alla settimana. Nel tempo libero gioco molto a tennis e nel weekend vado al mare. Ho girato abbastanza bene il Nordeste del Brasile. Da un anno sono fidanzato con Deysi, una ragazza di Fortaleza che sta studiando all’Università per la laurea breve in gestione del personale e che proprio a luglio è stata con me in Italia, rimanendo entusiasta per l’atmosfera romantica e la storia di Città Alta. Ritorno ogni anno, anno e mezzo per riabbracciare mia mamma Maria Grazia, che abita in una bellissima casa di campagna, su una collina dove c’era un forte austriaco, a Ponte sul Mincio, in provincia di Mantova, e mia sorella Beatrice che vive a Milano con i due figli. Sono frutto di un bel cocktail lombardo-veneto. Mio padre Piergiuseppe bresciano, mia mamma veronese di Tregnago, però sono cresciuti a Bergamo, conoscendosi al Sarpi».

«Cosa mi manca dell’Italia? Beh, a parte amici e parenti, che sento via Skype e WhatsApp, mi mancano l’Atalanta e il cibo. Sono un super tifoso della squadra nerazzurra che vedo su Fox Sport quando gioca anticipi o posticipi e tento di seguire in streaming su Internet, ma mi collego anche con Radio Alta e visito il sito de L’Eco per avere notizie. Quanto al cibo, la cucina brasiliana è abbastanza varia, ma non ci sono i formaggi, i salumi, per bere un buon vino senza svenarsi si deve puntare su quello cileno e non parliamo della pasta, sogno la parmigiana di mia mamma e i casoncelli».

Gabriele, in attesa del visto permanente di sette anni, esclude un suo rientro definitivo in Italia a breve scadenza. «Non credo proprio, almeno per quattro o cinque anni, perché la crisi economica italiana continuerà ancora, mentre la crisi brasiliana - che c’è ed è pure pesante (noi resistiamo bene, escogitando di tutto per mantenere costanti le vendite ) - la considero passeggera perché è frutto dell’instabilità politica e di un panico parzialmente collegato alla crisi mondiale. Il Brasile ha le risorse, materie prime, il petrolio, soprattutto qui nel Nordeste c’è molto da costruire, case, strade, rete idrica, elettrica, per cui non ho dubbi sulla ripresa economica una volta risolti i problemi contingenti». Così , per ora, « tchau a todo o mundo»: ciao a tutti.

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