L’Italia, che frana

Certo, se vien giù un bel pezzo di Lungarno se ne accorgono tutti. Se ne accorgono e a voragine segue valanga: di parole, opinioni, polemiche e invettive. Per cogliere appieno la situazione, però, bisognerebbe allargare la prospettiva: uno zoom all’indietro, cinematograficamente parlando, che dal dettaglio fiorentino porti al complesso nazionale.

Basta scorrere le notizie degli ultimi giorni per accorgersi che l’Italia è una Repubblica fondata sulle sabbie mobili e abbandonata all’incuria più selvaggia. Con pazienza e saldezza d’animo, leggiamo: voragine sul Lungarno a Firenze; giù l’intonaco in una scuola di Gioia Tauro, feriti tre studenti; cadono massi dalle mura di Talamone, chiusa la spiaggia sottostante; perquisizioni in diverse province per l’inchiesta sul cemento depotenziato usato nella costruzione di edifici (tra cui una scuola) dopo il terremoto del 2012; dai mozziconi al cotton fioc, la top ten dei rifiuti in spiaggia. Fermiamoci qui perché ce n’è abbastanza per sentirsi mancare il terreno sotto i piedi. Tra l’altro, potrebbe non essere uno scompenso dovuto all’indignazione o allo sconforto: è possibilissimo che il pavimento stia cedendo di schianto.

Come escluderlo? L’Italia è un Paese storicamente molto vecchio ma geologicamente molto giovane: ciò vuol dire che quanto costruito dall’uomo è antico e stanco, mentre quanto eretto dalla Natura è fresco e instabile. Pessima combinazione, come si intuisce. In più mettiamoci pure il fatto che, ammirevoli nell’emergenza, gli italiani tendono a procrastinare se non proprio a fregarsene durante il tempo, diciamo così, dell’ordinaria amministrazione. Il guaio è che l’Italia storica e archeologica invecchia più rapidamente di quella geologica. Su tutto si stende l’indifferenza - immutabile - dei cittadini. Questi ultimi però dovranno scuotersi e imparare a prevenire e non solo a soccorrere. Altrimenti tanto vale mettere dei bei cartelli alle dogane e negli aeroporti: «Benvenuti in Italia, attenti a dove mettete i piedi».

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