Numeri e lettere

Dice il Corriere della Sera - mica paglia - che dal 2017 nella scuola primaria i voti saranno dati con il sistema delle lettere: dalla A (ottimo) alla E (insufficiente).

Ma leggiamo dalla fonte: «La pagella con tutti i voti numerici, a cui i bambini di scuole primarie e scuole medie sono ormai abituati dal 2009, è destinata a sparire. Per lasciar spazio alle più “eque e meno limitanti” lettere». Mi fermo perché, per me, tanto basta. Innanzitutto al sottoscritto è sufficiente sapere che il sistema dei numeri, in questo stesso universo dove abito e ho il codice fiscale, è abituale «dal 2009». Ovviamente so che la scuola, in Italia, è la cosa immutabile più riformata di sempre, e non mi era sfuggito che, in passato, si era già provveduto a sostituire il sistema delle cifre con quello alfabetico, ma qui si vorrebbe far credere che, in qualche modo, le lettere erano lo standard e i numeri il rinnovamento. Sarà così per chi è scolasticamente nato nel 2009 o dopo ma - ascoltate per favore la mia voce che vi giunge dalla preistoria - prima di allora - e da sempre - i voti andavano, teoricamente, dall’1 al 10 e in pratica dal 3 al 9. Su queste cifre si è costruita la storia della scuola, si sono innalzati e inabissati gli spiriti di generazioni di scolari e di studenti, sono stati assegnati premi e scapaccioni, sono maturate vacanze in spiaggia oppure sui libri nel mesto tentativo di un recupero a settembre.

C’è anche un film che si intitola «Zero in condotta» («Zéro de conduite», Jean Vigo, 1933): racconta di una ribellione all’ingessato sistema scolastico. Zero in condotta è appunto una fuga dalla prigione dell’1-10 che tuttavia, per essere violata, ha innanzitutto necessità di esistere. Non dubito che gli studenti di oggi troveranno tra la A e la E la loro prigione o il loro paradiso, l’universo dal quale è egualmente educativo conformarsi e ribellarsi: per quanto mi riguarda preferisco i numeri. E alla nuova riforma rifilo un 5. Che, lo preciso per i non paleolitici, vuol dire insufficienza.

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