Yara non è morta soffocata
Il mistero delle ferite a «X»

L'oggetto contundente che l'assassino ha utilizzato contro la povera Yara l'ha ferita alla testa, procurandole «un'ampia lesività contusiva». Lo hanno detto ieri gli inquirenti, sulla scorta delle prime informazioni che l'antropologa forense Cristina Cattaneo. Resta il mistero delle ferite a «X».

L'oggetto contundente che l'assassino ha utilizzato contro la povera Yara l'ha ferita alla testa, procurandole «un'ampia lesività contusiva». Lo hanno detto ieri gli inquirenti, sulla scorta delle prime informazioni che l'antropologa forense Cristina Cattaneo, dell'istituto di medicina legale di Milano, ha trasmesso alla Procura. Confermata anche la presenza delle quattro ferite d'arma da taglio alla schiena.

«Ma i dati finora acquisiti – ha puntualizzato il pm Letizia Ruggeri, che coordina le indagini – non ci consentono ancora di trarre conclusioni certe sulla causa della morte. L'epicrisi (termine usato per indicare il risultato conclusivo di un'autopsia, ndr) non è ancora nota e il medico legale ha 90 giorni di tempo per depositare la sua consulenza».

Su un punto gli inquirenti sono parsi più sicuri: Yara non è morta per asfissia. Nonostante i presunti segni e le ecchimosi di cui si è parlato nei giorni scorsi, tramonta dunque l'ipotesi del soffocamento o dello strangolamento come causa ultima del decesso.

 Sul corpo di Yara ci sono, da una lato, le ferite da arma da taglio (quattro alla schiena, una al collo e una al polso), dall'altro – ed è la novità emersa ieri – quella che è stata definita «ampia lesività contusiva» alla testa. Tradotto in termini meno tecnici: un'evidente ferita. L'assassino – o gli assassini – avrebbero dunque colpito la povera Yara al capo, utilizzando un oggetto contundente. Quale tipo di oggetto non è ancora chiaro: un sasso – ipotizzano gli inquirenti – oppure un martello, o il calcio di un'arma, per esempio. Il verdetto finale sulla causa del decesso della tredicenne di Brembate non è ancora stato emesso e la cautela – avverte chi indaga – è d'obbligo.

«Gli accertamenti sono ancora lunghi – ha dichiarato il pm Ruggeri – difficilissimi e consequenziali. È presto per trarre conclusioni».

È stata confermata la presenza delle ferite d'arma da taglio nella parte bassa della schiena. Due tagli paralleli in senso orizzontale, inferti nella zona lombare. Altri due che si intersecano fra loro, come a formare una «X». Una tipologia di lesioni frutto della casualità, dell'azione concitata dell'omicida? Se non fosse così, gli inquirenti si trovano di fronte a lesioni di difficile interpretazione. Ed è per questo che neppure la pista esoterica (sono stati compiuti una serie di accertamenti in tal senso) si può escludere. Lo ha confermato il pm Ruggeri, rispondendo alle domande dei giornalisti su un eventuale «pista rituale» suggerita proprio dall'interpretazione dei tagli e delle lesioni praticate con la lama. «Non lo possiamo escludere – ha detto il magistrato – anche se i tagli sono di difficile interpretazione».

Nell'analisi di queste ferite spunta poi una tesi ancor più inquietante: al momento non sarebbe escluso che i tagli siano stati inferti post-mortem. Un'ipotesi dettata dal fatto che sui vestiti di Yara non sarebbero state trovate tracce evidenti di sangue. Ma prima di giungere a conclusioni – avvertono gli inquirenti – occorre attendere l'esito di specifici esami sull'infiltrazione di sangue nei tessuti. Esami definiti «lunghissimi» da chi indaga.

Intanto sono giunte conferme riguardo all'isolamento di due profili genetici estranei a quello di Yara: sarebbero stati trovati dagli esperti di laboratorio sui guanti della tredicenne, trovati nelle tasche del suo giubbotto. Si tratterebbe di un profilo maschile e uno femminile. Si è appreso che sono in corso analisi per verificare se si tratti o meno del Dna di familiari. Il fatto di aver trovato tracce genetiche di per sé non rappresenta una svolta decisiva: potrebbe infatti non trattarsi del Dna degli assassini, ma appunto del profilo genetico di familiari, parenti stretti, amiche, o comunque persone estranee ai fatti. La cautela – avvertono gli inquirenti – è d'obbligo.

Gli inquirenti restano convinti che il movente del sequestro di Yara sia stato di tipo sessuale. Quanto alla violenza: «Non possiamo escluderla», ha detto ieri chi indaga, sebbene segni evidenti in tal senso – come già precisato nei giorni scorsi – non se ne siano trovati.

Il fascicolo della Procura sulla morte di Yara per ora resta a carico di ignoti. Tante le piste seguite da chi indaga. Il colpevole è bergamasco? Di Brembate? O straniero? «Cerchiamo nella provincia», ha detto il pm. Ma per ora tutte le piste sembrano ancora aperte.

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