Il sorriso di Luciano
rinato dopo il buio

Più dell'ipad, più delle tute e dei profumi che gli hanno regalato, ha potuto tutta quella gente lì in strada per lui. Allora sì che il suo sorriso si è fatto largo come il lago. Il Luciano che compie gli anni e fra un po' festeggerà pure il suo primo anno dopo l'incubo sì, andava proprio celebrato.

di Marta Todeschini

Più dell'ipad, più delle tute e dei profumi che gli hanno regalato, ha potuto tutta quella gente lì in strada per lui. Allora sì che il suo sorriso si è fatto largo come il lago. Il Luciano che compie gli anni e fra un po' festeggerà pure il suo primo anno dopo l'incubo sì, andava proprio celebrato.

Così quello che doveva essere un giretto a Sarnico con la sua Iolanda si è trasformato in una baraonda da pelle d'oca. Per lui e per la moglie senz'altro, ma qualche lacrima è scesa anche sui volti degli amici. Il 26 febbraio al centro sportivo di Viadanica si sono riunite qualcosa come 200 persone. C'era il parroco don Alessandro Baitelli, il dottore del paese, Giovanni Vanni, il sindaco Angelo Vegini e tanti, tanti amici e parenti.

Quarant'anni non si compiono tutti i giorni, tantomeno la rinascita dopo 40 giorni di coma. Luciano Lazzari è questo signore che sorride qui sopra. Fa il muratore, ha una ditta sua. Il 19 aprile dello scorso anno succede che, mentre sta tracciando una stradina a meno di tre chilometri da casa sua, precipita per trenta metri da una scarpata con il suo piccolo Manitou, all'indietro.

«Ha perso il controllo del mezzo o si è rotto, non si sa. Lui ha riportato un trauma alla testa - racconta la moglie Iolanda Silva, quarant'anni come lui -: era tutto bloccato, mentre ora, con la fisioterapia, ha recuperato almeno una metà del corpo».

Quei due anelli benedetti
La sinistra, proprio come la mano sinistra di Iolanda che lui accarezzava, cercandola continuamente, durante il coma. «Toccava i miei due anelli, quelli che mi aveva regalato lui - spiega ancora Iolanda, tenacia di ferro e provare a dire di no, con un marito che oggi dipende in tutto e per tutto da lei -, la fede e il solitario. Poi gli facevo continuamente sentire la mia voce, i dottori mi avevano detto di fare così».

Le pareti della stanza degli Ospedali Civili di Brescia, dove è rimasto sino alla fine di maggio, e poi quella del centro riabilitativo di Mozzo, da dove è uscito all'inizio di novembre e dove torna ora quasi tutti i giorni per le terapie, erano tappezzate dalle foto dei nipoti. «È stato proprio indicando i loro volti che mi ha fatto capire che si era svegliato». Il regalo più grande che potesse fare alla sua Iolanda e ai tanti amici che non hanno mai smesso di andare a trovarlo in ospedale si è svelato una mattina di maggio.

«Il giorno esatto non me lo ricordo - dice frastornata la moglie -, sarà stata una decina di giorni dopo il nostro anniversario di matrimonio, che cade il 9 maggio. Ero sola con lui, io gli dicevo i nomi dei nostri nipoti, lui ha cominciato a indicarli con il dito. È stato stupendo». Sabrina, Nicola, Alice, Simone, Giuseppe, Alissa, Mattia: sono uno squadrone, sette pesti da un anno ai 18, e anche grazie ai loro sorrisi appesi al muro, Luciano è tornato alla vita.

Tutto da imparare, di nuovo
«Oggi Luciano è sulla carrozzella, ha un'emiparesi, al massimo si muove con il girello - aggiunge Iolanda -. Certo, dalla botta che ha preso non si sapeva come ne sarebbe uscito. Ora parla con difficoltà, sta facendo oltre alla fisioterapia anche la logopedia, deve reimparare a parlare, dopo la tracheotomia. E stata dura, ma dai, si vede che sta migliorando. E sono contenta». Da quando si è risvegliato, Luciano «vuole solo me», spiega la donna che ha sposato 14 anni fa. Lei sola, ma nella malattia ha anche scoperto quanto affetto vero e profondo ti possa dare un amico.

«In questi sei mesi venivano in ospedale i suoi cugini: loro sono una famiglia molto numerosa e unita - spiega Iolanda -, si sono sempre voluti bene. Poi i genitori e i suoceri, i fratelli e gli amici, anche il Pietro Mai di Vertova, che abbiamo conosciuto in viaggio a Santo Domingo. Compie gli anni lo stesso giorno di Luciano, il 27 febbraio. Veniva sempre in ospedale, stava male anche lui». Il 26 febbraio si sono ritrovati tutti al centro sportivo per lui, torta e cori a più non posso. Per loro tanti «grazie» e un sorriso, il più bello dopo il buio. «Non è stato semplice però dai, ce l'ho fatta. Mi ha aiutata il Signore e la mia nonna Fiorina, che è morta tre anni fa. La pregavo nel sonno e mi ha aiutato. Anche lui ha aiutato».

Marta Todeschini

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