Amianto killer: negli anni '80
un contatto indiretto uccise un giovane

Erano gli anni '80: un ragazzo di 25 anni morì per un mesotelioma. Ma non aveva mai lavorato a contatto con l'amianto e nemmeno i suoi familiari. Nulla poteva far ricondurre la patologia del giovane all'asbesto.

Erano gli anni '80: un ragazzo di 25 anni morì per un mesotelioma. Ma non aveva mai lavorato a contatto con l'amianto e nemmeno i suoi familiari. La madre era impiegata in un'attività di Calcio che riciclava sacchi di iuta. Nulla poteva far ricondurre la patologia del giovane all'asbesto.

Solo dopo vari accertamenti si scoprì che quelle borse di fibra naturale usate dalla donna, in passato avevano trasportato il minerale pericoloso. L'operaia spesso si portava il lavoro a casa, cuciva e sistemava il tessuto. Al suo fianco, fin da piccolo, c'era il figlio che, inconsapevolmente, respirava le fibre killer.

Non è dunque la semplice esposizione lavorativa a causare patologie mortali. Lo è anche il contatto sporadico, pure indiretto. A descrivere questa e altre vicende locali è Isabella Seghezzi nella ricerca «Le morti d'amianto nella bergamasca. Analisi dei casi giurisprudenziali».

Questo lavoro, coordinato dall'avvocato Francesco Tagliarini e presentato durante il ciclo di seminari dell'Archivio Bergamasco, ha vinto la borsa di studio intitolata al giuslavorista Alessandro Cicolari ed è finanziata dagli eredi. Due degli episodi sono stati ricostruiti grazie alle relative sentenze, mentre gli altri, compreso quello di Calcio, solo grazie ai documenti forniti dall'Asl di Bergamo.

«Quanto avvenuto a Calcio – sottolinea Seghezzi – non è andato a sentenza penale, civile non mi è dato sapere. La documentazione dell'Azienda sanitaria locale mi ha permesso di scoprire che nel 1987 vennero segnalati pazienti colpiti da asbestosi e mesotelioma in questa località e Romano».

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