Alle Poste stop agli straordinari:
a rischio non solo le consegne

Si apre, anche per tutti i lavoratori di Poste Italiane, una stagione di mobilitazione, che vedrà il suo culmine nello sciopero nazionale del 12 ottobre, giornata in cui tutti i lavoratori postali saranno a Roma per manifestare il proprio dissenso.

Si apre, anche per tutti i lavoratori di Poste Italiane, una stagione di mobilitazione, che vedrà il suo culmine nello sciopero nazionale del 12 ottobre, giornata in cui tutti i lavoratori postali saranno a Roma per manifestare il proprio dissenso verso al management di Poste, che non vuole dare risposte chiare sia rispetto ai gravi problemi quotidiani sia rispetto al futuro dell'azienda.

La mobilitazione parte proprio in questi giorni: dal 14 settembre al 13 ottobre tutti i lavoratori postali che aderiranno alla mobilitazione, dando sostegno e corpo all'azione sindacale di SLP-CISL, SLC CGIL e FAILP CISAL (le tre organizzazioni sindacali nazionali di categoria che hanno indetto l'azione di sciopero), si asterranno da ogni prestazione lavorativa che vada oltre l'orario d'obbligo giornaliero definito dal contratto.

Ciò vorrà dire che, nel prossimo mese, i colleghi addetti al recapito della corrispondenza non sostituiranno i colleghi assenti dal servizio, come oggi avviene quotidianamente e così la corrispondenza arriverà ancora più a singhiozzo di come è oggi, solo per l'assoluta incapacità gestionale del management, mentre negli uffici postali le lunghe e pesanti code che dovessero crearsi in prossimità dell'orario di chiusura non potranno essere smaltite, perchè i lavoratori cesseranno la propria prestazione lavorativa nel pieno rispetto del proprio orario di lavoro e non effettueranno alcune attività in straordinario.

«In uno scenario economico e sociale sempre più difficile – dice Gabriella Tancredi, segretario generale di SLP CISL -, anche i lavoratori postali manifestano le loro difficoltà e i loro problemi: forte carenza di organico, mai ammessa dall'azienda ma unica vera e grande causa di molti problemi che ormai si riflette sulla qualità dei servizi garantiti alla clientela; uffici chiusi senza alcun preavviso per la clientela e i lavoratori».

Siete stati di recente - scrive il sindacatio - all'ufficio di Tavernola? O dal 17 settembre in uffici come Sarnico o Grumello dove l'apertura pomeridiana potrà essere garantita solo con lavoratori provenienti da altri uffici data la forte carenza di personale?

«Sistema informatico - prosegue Tancredi - insufficiente, che a scadenza si blocca creando grossi problemi alla clientela e ai lavoratori (la pazienza di entrambi è mesa a dura prova); lavoratori che ogni giorno non possono prevedere in quale ufficio della provincia dovranno prestare la loro attività lavorativa, costretti a trasferte continue; lavoratori sottoposti a pressioni commerciali che non tengono in alcun conto gli effetti di una grave crisi economica che sta mettendo a dura prova l'attività delle aziende e i bilanci delle famiglie e pensionati; mezzi e strumenti di lavoro insufficienti o obsoleti, che solo la grande dedizione e spirito di iniziativa dei lavoratori riescono a fatica a supplire; luoghi di lavoro in cui le più elementari norme di sicurezza non vengono per nulla prese in considerazione nonostante le continue denunce e segnalazioni; implementazione di progetti aziendali ( nei più diversi settori aziendali)  in completa assenza di un confronto con le rappresentanze dei lavoratori e mirati solo al taglio dei costi senza alcuna attenzione alla qualità dei servizi per la clientela».

«A tutto questo, come “ciliegina sulla torta”, va aggiunto l'assoluto silenzio aziendale di fronte alle domande cruciali che  SLP-CISL, SLC CGIL e FAILP CISAL hanno posto all'azienda da molti mesi, nonostante la completa indisponibilità aziendale ad un  vero confronto con le organizzaioni sindacali:
quale il futuro di Poste Italiane? Quale il destino di oltre centotrentanove mila lavoratori? Quale sviluppo per un'azienda storica, che ha contribuito allo sviluppo economico e sociale del nostra paese? Di fronte a tutto questo – conclude Tancredi - la risposta dei lavoratori non può che essere la mobilitazione della categoria, con ogni strumento e mezzo. Per far sentire anche la propria voce, il proprio dissenso rispetto a scelte aziendali del tutto fallimentari e prive di ogni prospettiva di sviluppo futuro, e la grande preoccupazione per il futuro del nostro lavoro».

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