La Giornata del migrante
Iniziative a Mapello e Ponte S. P.

«La fede dei migranti, speranza per le nostre parrocchie? C'è ancora molto da fare». A dirlo è don Massimo Rizzi, direttore dell'Ufficio migranti, riprendendo il tema della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato di domenica 13 gennaio.

«La fede dei migranti, speranza per le nostre parrocchie? C'è ancora molto da fare». A dirlo è don Massimo Rizzi, direttore dell'Ufficio migranti della diocesi di Bergamo, riprendendo il tema della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che sarà celebrata domenica 13 gennaio (clicca qui per informazioni e programma).

Nel messaggio di Papa Benedetto XVI si indicano le «migrazioni come un pellegrinaggio di fede e di speranza», tuttavia don Rizzi non nasconde che in Bergamasca, e in tutta Italia, ci sia ancora molta strada da percorrere per l'accoglienza e l'inclusione degli immigrati.

Il riferimento principale è alle cosiddette «seconde generazioni», ovvero i figli di immigrati nati in Italia o giunti da noi sin da bambini. «Già l'anno scorso avevamo 420 mila minori stranieri nati in Italia e il presidente della Repubblica ha ricordato nel messaggio di fine anno, sia nel 2011 che nel 2012, che non possono essere considerati stranieri – attacca il direttore dell'Ufficio Migranti –. In tutta Italia è stata promossa una campagna e una raccolta firme per una legge di iniziativa popolare per riconoscere loro la cittadinanza italiana ("L'Italia sono anch'io", ndr), a cui abbiamo aderito e partecipato. Anche il nostro vescovo, Francesco Beschi, ha firmato l'appello. Ma ad oggi, nonostante sia stato anche creato un ministero ad hoc nell'ormai ex governo Monti, nulla è cambiato».

A dire il vero qualche amministrazione comunale ha concesso, simbolicamente, la cittadinanza onoraria alle «seconde generazioni». «Tra queste, anche il Comune di Sotto il Monte che, nell'anno giovanneo, ha voluto ripercorrere le orme di Papa Giovanni XXIII quando nella Pacem in terris dichiarava che ogni cittadino ha diritto ad emigrare», spiega don Rizzi.

Ed ecco dunque che anche la comunità cristiana può e deve fare la sua parte per l'accoglienza e l'inclusione dei cittadini immigrati. Secondo don Rizzi, deve farlo a cominciare da una testimonianza di fede: «Come si collocano i cristiani di fronte ad episodi di razzismo, come quello in cui è stato recentemente vittima il giocatore del Milan? Essere cristiani significa accogliere Dio, se stessi e l'altro. E ricordo che anche Gesù stesso si è identificato con lo straniero».

Per questi motivi, la Giornata mondiale delle migrazioni – quest'anno verrà celebrata a livello diocesano nel vicariato di Mapello-Ponte San Pietro – è un'occasione per fare il punto della situazione nelle parrocchie bergamasche sulla capacità di assumere sempre più un volto multiculturale e sviluppare la dimensione del dialogo interreligioso.

«L'Ufficio migranti, oltre ad organizzare momenti di sensibilizzazione sul tema e ad occuparsi della pastorale migratoria delle comunità cattoliche straniere, promuove anche ricerche e studi – dice don Rizzi –. Abbiamo notato che anche nelle nostre parrocchie c'è ancora bisogno di un grande lavoro di sensibilizzazione. Basta pensare, infatti, che tra i fedeli c'è chi crede ancora che la presenza di immigrati aumenti la criminalità o sia degradante per il tessuto sociale».

Secondo la ricerca sulla percezione dello straniero tra i rappresentanti dei consigli pastorali parrocchiali del vicariato (sarà presentata sabato mattina, all'Auditorium parrocchiale di Mapello), ben il 55% risponde che la presenza di immigrati favorisce la criminalità, mentre per il 31% incide sul degrado della città, contro un 23% che invece la considera un arricchimento della vita del Paese. Tuttavia per la maggior parte dei cattolici impegnati, l'oratorio deve essere aperto a tutti i ragazzi (77%) e solo l'1% si dichiara contrario perché è un luogo dedicato solo ai fedeli.

«L'indagine fa emergere anche la fatica di molti immigrati di prima generazione nell'inserirsi nella vita parrocchiale, preferendo la celebrazione della Messa tra gruppi etnico-linguistici – conclude don Rizzi –. Inoltre, si nota la fatica del credere, sia delle famiglie straniere che di quelle autoctone: prendendo come criterio i sacramenti c'è un calo dei battezzati e dei matrimoni cristiani».

Raffaele Avagliano

© RIPRODUZIONE RISERVATA