I pellegrini in visita a Loreto
Tappa verso l'abbraccio al Papa

La consegna commossa, con un abbraccio, tra il vescovo Francesco Beschi e il rettore della Basilica della Santa Casa di Loreto, padre Giuliano Viabile, delle reliquie di Giovanni XXIII, donate dalla Diocesi di Bergamo, è stata il momento centrale del venerdì del pellegrinaggio diocesano.

La consegna commossa, con un abbraccio, tra il vescovo Francesco Beschi e il rettore della Basilica della Santa Casa di Loreto, padre Giuliano Viabile, delle reliquie di Giovanni XXIII, donate dalla Diocesi di Bergamo, è stata il momento centrale della giornata di ieri del pellegrinaggio diocesano per i 50 anni dalla morte di Papa Angelo Roncalli e dall'inizio del Concilio Vaticano II.

Un abbraccio che ricordava il viaggio di Giovanni XXIII proprio a Loreto, il primo fatto da un pontefice dopo l'unità d'Italia fuori da Roma. Un viaggio che coinvolse una folla di persone che accolse il Papa nelle diverse stazioni ferroviarie attraversate prima di giungere al santuario mariano.

Da Giovanni XXIII è partito anche fisicamente il pellegrinaggio. La grande statua del Papa bergamasco all'esterno delle mura di Loreto, prima di entrare nella piazza della Basilica, ha fatto da cornice al primo momento di preghiera dei pellegrini. Da questa statua è partita la processione dietro alla croce fino alla Basilica dove, sulle scalinate, padre Giuliano Viabile ha atteso il vescovo per l'accoglienza.

E proprio il rettore della basilica ha stupito tutti raccontando del suo primo incontro con il pontefice bergamasco nel 1962: «Ero novizio a Camerino, - ricorda - normalmente non si poteva uscire dal convento, ma per questa occasione ci diedero il permesso e venni qui a Loreto. Ricordo anche questo piccolo particolare: per poterlo vedere, visto che la gente era tantissima, mi sono arrampicato su una statua di marmo e sono rimasto li per parecchie ore ad attenderlo. Non avevo mai visto un Papa da vicino, quindi per me è stata una emozione grande, e poi sapere che quell'uomo, quel pastore della Chiesa, era vicino a noi, ci da forza e coraggio di testimoniare ancora oggi la nostra fede».

La Messa ha concluso la prima giornata del pellegrinaggio. E anche qui Giovanni XXIII è stato al centro delle meditazioni proposte del vescovo che, nella sua omelia, ha citato il discorso pronunciato proprio a Loreto il 4 ottobre 1962. In particolare Monsignor Beschi ha ricordato i tre pensieri sottolineati da Roncalli: «Il mistero dell'incarnazione del Verbo e della sua vita nascosta è tutto un cantico di lode della famiglia e del lavoro umano».

Parlando dell'Angelus, il vescovo ha quindi ricordato come Papa Giovanni riconduceva l'inizio dell'incarnazione a questo «sì» d'amore della Madonna, definito «di una densità che è totalmente rappresentata dalla nostra umanità. Il vangelo dell'annunciazione ci concretizza nella tradizione dell'Angelus, così caro al Papa - ha ricordato il vescovo nell'omelia - l'Angelus che scandisce la giornata in maniera molto semplice riportando alla coscienza del cristiano questo mistero d'amore di Dio che è rappresentato dall'incarnazione di suo Figlio».

Poi il vescovo ha ricordato il richiamo a questa preghiera che ancora risuona in molti paesi: «Come non sottolineare quello che in tante parrocchie anche della nostra diocesi rappresenta una felice tradizione: il suono delle campane, dell'Angelus al mattino, alla sera e a mezzogiorno».

L'omelia si è conclusa toccando due temi ricordati da Giovanni XXIII proprio a Loreto: la famiglia e il lavoro, due temi di stretta attualità: «Il Papa, parlando della Santa Famiglia di Nazareth che abitava la casa ora nel santuario di Loreto, ricorda la grandezza della famiglia, e non stiamo parlando di una famiglia perfetta, stiamo parlando di ciò che una famiglia rappresenta, che noi volgiamo coltivare. Spesso i drammatici fatti di cronaca che ci vengono proposti, ci portano a dubitare della famiglia, insinuano il sospetto che la famiglia sia un luogo quasi di fallimento», ma - ha aggiunto il vescovo - la famiglia non muore perché appartiene ai segni provvidenziali di Dio, si trasforma ma non muore. Quindi il tema del lavoro: «Molte persone stanno vivendo la precarietà, ma non è l'uomo determinato dal lavoro, ma la sua interiorità spirituale che rende grande il lavoro».

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