Bossetti, crimescope e luminol
Il furgone sotto la lente dei Ris

Capelli, peli e fibre. Sono le prime tracce trovate e acquisite dai Ris di Parma, che martedì 1° luglio hanno iniziato i rilievi sull’auto e sul furgone di Massimo Bossetti. È sull’auto in particolare, una Volvo V40, che si è concentrata l’attenzione degli esperti.

Capelli, peli e fibre. Sono le prime tracce trovate e acquisite dai Ris di Parma, che martedì 1° luglio hanno iniziato i rilievi sull’auto e sul furgone di Massimo Bossetti. È sull’auto in particolare, una Volvo V40, che si è concentrata l’attenzione degli esperti del Reparto investigazioni scientifiche dell’Arma.

Perché? Non tanto perché Bossetti potrebbe averla utilizzata la sera del delitto: nel tardo pomeriggio del 26 novembre 2010, infatti,l’artigiano di Mapello aveva lasciato il cantiere di Palazzago nel quale lavorava al volante del suo furgone, un Iveco Daily cassonato di colore verde chiaro. Allora perché l’auto? L’ipotesi alla quale gli inquirenti cercano riscontro è un’altra ed è molto precisa: forse Yara aveva già avuto contatti con chi l’ha uccisa e non è stata una «preda» occasionale.

Le analisi sui veicoli di Bossetti sono cominciate martedì mattina, alla presenza dei consulenti di parte: per la famiglia Gambirasio il genetista forense Giorgio Portera, ex ufficiale dei Ris di Parma, mentre per la difesa di Bossetti era presente la biologa forense Monica Omedei, ingaggiata dagli avvocati difensori Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni insieme alla professoressa Sarah Gino, già consulente della difesa per Amanda Knox nel caso del delitto di Meredith Kercher a Perugia e perito del giudice nel processo a Salvatore Parolisi per il delitto di Melania Rea.

Gli accertamenti sono cominciati dall’auto di Bossetti, per poi estendersi al furgone.

La mattinata è stata dedicata alle operazioni di «repertamento»: prima di utilizzare reagenti chimici, i Ris si sono preoccupati di rivoltare letteralmente i due mezzi, da cima a fondo, scandagliando sedili, portiere, bagagliaio, tappettini, in cerca di tracce. È in questa fase che hanno acquisito alcuni capelli, peli e fibre di tessuto. I reperti ora andranno analizzati, per scoprire a chi appartengano.

La fase due dell’accertamento, proseguito nel pomeriggio e in serata, è stata effettuata con la strumentazione tecnica. Prima le lampade «crimescope», che utilizzano frequenze particolari e sono in grado di rilevare la presenza di tracce biologiche anche latenti. Poi, in serata, all’imbrunire, è stato utilizzato il «luminol», un reagente chimico in grado di scovare tracce di sangue occulto, anche qualora queste fossero state lavate. Sull’esito di queste operazioni - sulle quali si concentrano le aspettative degli inquirenti - per ora vige il massimo riserbo.

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