Come smaltire l’amianto?
Si può fare con il siero di latte

Le discariche devono essere l’ultima spiaggia e non risolvono il problema dell’amianto: si limitano a sotterrarlo, un po’ come quando si nasconde la polvere sotto il tappeto. E di alternative ce ne sono. Come il siero di latte.

Le discariche devono essere l’ultima spiaggia e non risolvono il problema dell’amianto: si limitano a sotterrarlo, un po’ come quando si nasconde la polvere sotto il tappeto. E di alternative ce ne sono: sistemi di inertizzazione che rendono innocuo l’eternit, a partire dalla trasformazione in cristallo deidrossilato passando per un forno a quasi mille gradi centigradi, fino alla scomposizione in magnesio e silicio attraverso l’immersione in un siero di latte oppure, ancora, tramite un processo idrotermico.

Tra l’altro con costi anche inferiori a quelli per le discariche: anzi, nel caso del siero di latte, anche con un guadagno. Le tecniche innovative sono state illustrate ieri mattina al convegno «Amianto: quale futuro? Le nuove tecnologie di trattamento» organizzato dalla Regione al Pirellone di Milano.

Un appuntamento al quale non è voluta mancare una delegazione del Comune di Treviglio, visto il contestato iter per la realizzazione di una discarica proprio di cemento amianto nell’ex cava Vailata. Il presidente della commissione Ambiente della Regione, Luca Marsico, ha introdotto i lavori spiegando che, nel 2012, è stato smaltito il 13,4% dell’amianto presente in Regione. Oggi sui tetti della Lombardia ci sono ancora 2,1 milioni di metri cubi di eternit: 700 mila in meno rispetto al 2007 (quando l’Arpa effettuò un precedente report).

Dario Sciunnach, direttore del settore Ambiente del Pirellone ha spiegato che, tra il 2007 e il 2012, è stato rimosso il 27% delle coperture in eternit nella regione: nel 30% dei casi si è proceduto all’installazione di pannelli fotovoltaici, nel 63% all’applicazione di altro genere di coperture e nel 7% all’integrale demolizione degli edifici. «Oggi in Lombardia l’amianto è all’origine del 50% delle patologie tumorali cosiddette “occupazionali” – ha spiegato il dirigente – e il picco si registra in provincia di Pavia. Per smaltire l’amianto ci sono tre soluzioni: l’esportazione, le discariche e l’inertizzazione».

Norberto Roveri, dell’Università di Bologna, ha invece illustrato un procedimento che «ridivide» l’amianto nei suoi componenti base, magnesio e silicio, attraverso l’immersione nel siero del latte. Ciò che ne resta non è più nocivo e può essere usato come antibatterio o concime, facendo guadagnare 820 euro a tonnellata smaltita.

Leggi di più su L’Eco di Bergamo di giovedì 27 febbraio

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