Donati gli organi di Nicky Hayden
Guido Meda lo ricorda con un lungo post

La procura di Rimini ha rilasciato martedì mattina il nulla osta per restituire alla famiglia la salma di Nicky Hayden, il pilota statunitense morto lunedì pomeriggio all’ospedale Bufalini di Cesena dopo cinque giorni di agonia.

Hayden era stato investito da un’auto mercoledì scorso mentre si stava allenando in sella alla sua bicicletta nell’entroterra di Riccione. L’automobilista alla guida, un 30enne del posto, è ora indagato per omicidio stradale.

Rispettando la volontà dello stesso pilota, i familiari di Nicky Hayden hanno acconsentito all’espianto degli organi per la donazione. Una volta restituita la salma partiranno per gli Stati Uniti. In queste ore stanno ultimando le pratiche per il rimpatrio, per il quale non è stata ancora fissata una data. Il desiderio dei familiari è di rientrare al più presto. La camera ardente non verrà allestita.

Intanto prosegue l’indagine sull’incidente costato la vita al pilota. La procura ha conferito l’incarico ai consulenti che dovranno fare una perizia.

Il commentatore Guido Meda ha voluto condividere con tutti gli appassionati il suo personale ricordo:

«Nicky Hayden non era affatto l’americano tutto show, casino, voce alta e gesti eclatanti. Anzi, nella sua vita a 300 cercava serenità senza fare rumore. Separava gli amici veri dai conoscenti, non si metteva per forza al centro della scena e sapeva fare spazio a chi la scena la gestiva meglio di lui. (...) La semplicità della sua famiglia, la passione schietta e avventurosa per la moto e anche la confessione cristiana a cui aderiva facevano sì che la sua fosse un’etica così rigorosa da farlo sembrare un pezzo antico in un mondo anche troppo moderno. Ma era per quello che veniva apprezzato. Mille ragazze? Affatto. Una, solo a patto che ne fosse innamorato, altrimenti niente. Ora c’era Jacqueline, che piange la perdita certa di un amore vero, mai buttato via nelle occasioni che l’estetica e la celebrità gli offrivano. Seminava compostezza senza sembrare bacchettone, con simpatia, educazione e umanità al posto giusto nel momento giusto”.

“Polemiche con gli avversari? Mai nessuna; neppure quando Pedrosa lo centrò in Portogallo mentre si giocava il mondiale riuscì a tenergli il muso per più di mezz’ora. Leggete le testimonianze dei suoi colleghi che lo piangono e troverete sobrietà. Non lasciatevi ingannare dai ricordi che avete dello slang sbracato del Kentucky con cui si esprimeva nelle interviste. Quelle erano solo derapate fonetiche. Era così che aveva imparato a parlare in America ed era così che mostrava di andare fiero della sua americanità. Ma gli interessava molto più l’essere che l’apparire.

La semplicità di Nicky la racconta così: “È stato uno dei pochi piloti della Motogp che abbiamo visto piangere in diretta. La gioia vera e profonda, quella no che non la sapeva contenere. Pianse in mondovisione abbracciato al padre Earl quando vinse a Laguna Seca e pianse in mondovisione ancora in mezzo alla pista e a capo scoperto quando il titolo del 2006 fu suo. Ci vuole più coraggio a piangere a dirotto con gli occhi del mondo addosso, che non ad entrare in piega a centottanta. Lo fece con sincerità mostrando quanto possa essere vulnerabile l’anima di un pilota della Motogp normalmente identificato come lo sportivo duro e invulnerabile per eccellenza”.

E infine, l’ultimo pensiero su quel drammatico incidente: “Se fosse stata colpa sua nel tragico incidente di mercoledì a Misano e potesse parlare Nicky Hayden lo direbbe: “Was my fault”. Se invece fosse colpa del trentenne automobilista con cui si è scontrato e potesse sollevargli l’anima pesante lo farebbe senza pensarci un secondo: “Don’t worry».

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