E dalle lacrime di Dio
nacquero le Maldive

È il 17 ottobre 2009. Viene convocato un consiglio dei ministri, d’urgenza. Ma questa volta, l’importante riunione non si tiene nel Palazzo Presidenziale. Ma sott’acqua, a sei metri di profondità. E’ la prima volta nella storia. Ma è una scelta necessaria: in ballo c’è il salvataggio di un paradiso. Di un paradiso terrestre, quello delle Maldive. Il presidente Mohammed Nasheed e i suoi 14 ministri vogliono richiamare l’attenzione del mondo sul destino a cui il loro paese si stava avviando a causa dell’aumento della temperatura del pianeta Terra e del livello dei mari: quello di scomparire.

Per i Maldiviani, il rischio era di perdere il proprio paese, di dover affrontare un’emigrazione di massa. Per il mondo, quello di perdere uno dei suoi tesori più belli. Un tesoro che si trova nel mezzo dell’Oceano Indiano, al largo dello Sri Lanka, all’altezza dell’equatore. Non sorprende che quest’autentica meraviglia colpisca al cuore e lasci senza parole. E’ stato così da sempre. Basti ricordare una leggenda islamica sulla loro nascita, per capire quanto siano considerate uno dei punti più alti della creazione: “ E Dio, accortosi della bellezza del mondo, pianse. Le sue lacrime divennero questo paradiso in terra”. Per gran parte della loro esistenza, le isole delle Maldive rimasero disabitate. Troppo lontane da tutto. Letteralmente “in mezzo al mare”: la prima costa abitata dista 800 km. Poi, circa nel 1500 a.c., i primi insediamenti: alcuni abitanti dell’India del Sud e dello Sri Lanka, di religione buddista, cominciano a navigare verso queste terre. Gli storici dicono per commerciare le conchiglie che qui si trovano. Ma forse non è nella mente che occorre cercare una ragione.

Qualche volta è nel cuore. Magari sono arrivati qui perché affascinati dai racconti di altri viaggiatori che avevano visto questa bellezza. Meditando su queste spiagge, loro, buddisti, avranno ricordato una delle frasi più belle di Buddha, il loro maestro: “La profondità dell’amore crea un oceano intorno a te e tu diventi un’isola”. Qui, queste parole avranno avuto un significato maggiore. Arriva il turno dei musulmani, in questo caso pirati dei mari del sud-est asiatico che usano le Maldive come loro punti di scalo per riposarsi, dopo la navigazione nei mari tempestosi dell’Oceano Indiano. O forse, anche loro, semplicemente alla ricerca della bellezza. Comincia la progressiva islamizzazione dell’area tanto che nel 1153 le isole delle Maldive diventano ufficialmente musulmane e vengono dichiarate un sultanato. Il loro stesso nome, “Maldive”, dall’arabo “Dhinat-al-Mahal”, significa “Isole del Palazzo” perché proprio sull’isola principale, Malé, era stato costruito il palazzo del Sultano.

Le Maldive, a livello geologico, sono un insieme di 26 atolli nati in sessanta milioni di anni da una combinazione della natura, casuale e meravigliosa: il continuo stratificarsi dei calcari e coralli unito alla variazione del livello delle acque e all’emersione d’imponenti montagne dal fondo dell’Oceano. Gli atolli si compongono di 1.192 isole coralline, alcune piccolissime, con un diametro di appena 200 duecento metri: poco più di un banco di sabbia. La capitale, Malè, è una delle 200 isole abitate, mentre 100 ospitano oggi resort bellissimi. Tutte le altre sono disabitate. Incontaminate. O meglio, lasciate alla forza inarrestabile della natura.

Quest’isole sembrano, dall’alto di un aereo, piccoli anelli verdi, circondati da una macchia bianca, distesi su uno sfondo che diventa sempre più blu man mano che ci si allontana da loro. “Piccole lacrime”, come dice la leggenda. Ma è a terra, dopo essere approdati su una di esse, che si capisce la bellezza di questa natura intatta e preservata. Spiagge bianchissime, toccate, quasi sfiorate, dalle piccole onde del mare, o meglio della laguna, quasi immobile. Una vegetazione rigogliosa, fatta di palme e fiori, che sembra voler raggiungere l’oceano per immergersi nelle sue calde acque, quasi per diventare un tutt’uno con esse. E attorno, una barriera corallina che rappresenta una delle grandi meraviglie dell’Oceano. Vera e propria foresta marina fatta di coralli che diventano vita e protezione per centinaia di pesci, dai colori e dalle forme tanto diverse da sembrare quasi irreali, inventate dalla fantasia di un pittore dall’immaginazione infinita.

E’ qui, sott’acqua, che c’è il vero tesoro delle Maldive, la meraviglia che le rende uniche. Creazionisti o evoluzionisti, non importa: guardandosi attorno si capisce che qualche cosa di incredibile ha reso possibile tutto ciò. La barriera corallina, una formazione rocciosa vivente costituita dalla sedimentazione continua degli scheletri calcarei dei coralli che ci vivono sopra, è il manifesto della biodiversità, una vera e propria comunità sotto il livello del mare. Numerosi i pesci pagliaccio che nuotano attorno agli anemoni di mare, a prima vista piante acquatiche ma che in realtà sono animali primitivi, con cui instaurano un vero e proprio rapporto di simbiosi. I pesci pagliaccio infatti, possono nuotare tra i loro tentacoli, immuni dalle punture urticanti, e trovare li ospitalità e protezione. In cambio, si preoccupano di ripulire l’anemone dai detriti e parassiti che possono infilarsi all’interno. Facile incontrare grandi tartarughe marine che si muovono silenziose e velocissime nelle acque. Vederle avanzare, quasi volare nel mare, regala una emozione unica: un animale che sembra delicato ma che in realtà è espressione della forza della natura, perché ultimo testimone del passato preistorico di questi oceani. Ma nel 2009, l’anno in cui il governo maldiviano ha lanciato l’allarme, tutto questo era seriamente in pericolo. L’aumento della temperatura dei mari stava letteralmente soffocando la barriera corallina, facendola morire. L’universo di colori stava diventando una distesa bianca uniforme. Morta.

Stessa fine per i tanti pesci che si nutrivano di essa. L’aumento del livello dei mari stava sommergendo molte di queste isole, che raggiungono al massimo i due metri sul livello del mare. Già lo Tsunami che aveva colpito nel 2004 il sud-est asiatico aveva quasi cancellato le Maldive dalle carte geografiche. Stava capitando di nuovo. Di fronte ad un rischio concreto, lussuosi resort come i Four Seasons, gli Angsana e i Banyan Tree, insieme al governo maldiviano, hanno cercato di cambiare le cose. Sono state avviate politiche per “ripopolare” la barriera corallina, piantando ogni anno intere colonie.

Dopo ogni tempesta, le spiagge vengono rafforzate con speciali pompe che recuperano la sabbia mangiata dalla forza del mare. Sono stati creati veri e propri centri per la cura delle tartarughe ferite per permettere loro di continuare a depositare le loro uova sulle spiagge delle isole. Sono stati istituiti centri di studio di biologia marina con ricercatori da tutto il mondo. Ma soprattutto si sono avviate scelte consapevoli di consumo delle risorse della terra e del mare, premiate da certificazioni di eco-sostenibilità internazionali. Forse queste piccole isole e i grandi colossi del turismo che qui sono una voce importante del bilancio nazionale, stanno insegnando al mondo una grande verità: come diceva Gandhi “sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. E questo è un messaggio che tutti noi dobbiamo e possiamo fare nostro.

Con il reportage sulle Maldive, si chiude la rubrica “Il giro del mondo in otto storie”. Abbiamo esplorato i cinque continenti. Navigato i sette mari. Scoperto la storia di personaggi che, spinti dallo spirito di curiosità, hanno aumentato la conoscenza del mondo. Perché viaggiare è metafora della vita: un susseguirsi continuo di persone, luoghi ed emozioni. Sempre guidati dalla voglia di aprire la propria mente e confrontarsi con cose nuove. Ma il viaggio continua, seguendo i reportage di Riccardo Fogaroli sulla sua pagina Facebook ed Instagram (@riccardofogaroli).

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