Fauna selvatica: alta mortalità
Troppa neve e assenza di cibo

È stato un inverno duro per gli animali, quest’anno, che vivono sulle nostre montagne. Neve da una parte e caldo dall’altra. Assenza di cibo o inganno di stagione sono stati gli elementi che hanno caratterizzato l’inverno trascorso. Neve, tanta neve.

È stato un inverno duro per gli animali, quest’anno, che vivono sulle nostre montagne. Neve da una parte e caldo dall’altra. Assenza di cibo o inganno di stagione sono stati gli elementi che hanno caratterizzato l’inverno trascorso.

Neve, tanta neve quella caduta in montagna, soprattutto sopra i 1.200 metri di quota, nel corso dell’inverno da poco trascorso. Nevicate che, sui 2.200 metri di quota, hanno depositato sul terreno un bianco mantello di oltre 5-6 metri di spessore.

Con pesanti conseguenze sia per alcuni paesi che sono rimasti isolati a causa del pericolo di cadute valanghe (Valbondione, Foppolo e in parte Schilpario), sia per alcuni nuclei familiari che hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni. È il caso dei 14 abitanti di Ludrigno, piccola frazione del Comune di Ardesio.

Anche gli animali che vivono sulle montagne, ci riferiamo soprattutto agli ungulati, hanno parecchio sofferto per tale situazione. Hanno avuto difficoltà a spostarsi, come pure a procacciarsi di che vivere. Dice in merito Mirco Bonacorsi, una laurea in Scienze naturali e da alcuni anni gestore dell’Osservatorio Floro Faunistico di Maslana.

«Non mi ritengo un grande esperto, ma un discreto conoscitore delle problematiche legate alla montagna, dove da sempre vivo e che frequento quasi ogni giorno. Sicuramente l’inverno appena trascorso ha causato grossi disagi agli ungulati e ad altri animali. Basti pensare che uno stambecco, per procurarsi da mangiare, all’inizio di marzo è sceso fino in paese e ha passeggiato tranquillamente per le vie di Valbondione. E proprio gli stambecchi - benché siano animali robusti e siano considerati i “signori delle creste vertiginose” - penso siano quelli che più hanno sofferto per questo pesante inverno. I più deboli, quelli malati, sono morti di fame o di stenti, altri sono stati travolti, insieme a camosci da valanghe».

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