Il 30 giugno Bossetti torna in aula
Appello a Brescia per l’omicidio di Yara

La difesa darà battaglia sul Dna, alla ricerca di una perizia, negata in primo grado.

A quasi un anno dalla sua condanna per l’omicidio della tredicenne Yara Gambirasio, Massimo Bossetti, muratore-carpentiere, sposato, padre di tre figli tornerà in un’aula di giustizia per cercare di dimostrare - come ha sempre sostenuto - di essere estraneo a quel terribile delitto. Lo farà il 30 giugno, davanti ai giudici della Corte d’assise d’appello di Brescia a cui i suoi avvocati, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, sono ricorsi nel tentativo di ribaltare la sentenza di «fine pena mai», così come ha fatto anche la Procura di Bergamo che, invece, vuole che Bossetti sia condannato anche per calunnia, reato caduto in primo grado, per aver cercato di sviare le indagini su un suo collega.

In carcere dal 16 giugno del 2014 Bossetti lavora come muratore, continua a vedere la moglie e i figli e professa la sua innocenza. Quell’innocenza a cui non hanno creduto i giudici bergamaschi che, nelle motivazioni lo hanno ritenuto responsabile di un «omicidio di inaudita gravità», «maturato in un contesto di avances a sfondo sessuale, verosimilmente respinte dalla ragazza, in grado di scatenare nell’imputato una reazione di violenza e sadismo di cui non aveva mai dato prova ad allora».

La difesa darà battaglia sul Dna, alla ricerca di una perizia, negata in primo grado. Quel Dna che i giudici hanno definito «assolutamente affidabile» in quanto «caratterizzato per un elevato numero di marcatori Str e verificato mediante una pluralità di analisi eseguite nel rispetto dei parametri elaborati dalla comunità scientifica internazionale». Argomenti respinti dai difensori che torneranno a sottolineare come solo il Dna nucleare sarebbe quello di Bosseti, non quello mitocondriale che non è stato attribuito a nessuno. Altri accertamenti saranno chiesti sulle fibre dei sedili del furgone.

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