Il «salvagas» non è obbligatorio
Decine di casi, partono le indagini

Dopo la telefonia, internet, e l’elettricità, ora tocca al gas. È l’ultima frontiera dei venditori porta a porta alla ricerca di contratti con i quali conquistare importanti fette di budget. Peccato però che contratti e soldi siano conquistati a volte con tecniche discutibili.

Dopo la telefonia, internet, e l’elettricità, ora tocca al gas. È l’ultima frontiera dei venditori porta a porta alla ricerca di contratti con i quali conquistare, a suon di centinaia di euro sborsati dai consumatori, importanti fette di budget. Peccato però che contratti e soldi siano conquistati a volte con tecniche discutibili.

Come nel caso degli apparecchi che rilevano l’eventuale presenza di vapori tossici (chiamati comunemente «salvagas»), venduti alla bella somma di 249 euro.

Cifra considerevole, anche perché molti installatori da noi interpellati confermano che l’apparecchio vale poche decine di euro.

«La legge non prevede l’obbligo di avere tali apparecchi – osserva Marco Trussardi, responsabile Ufficio Aree di Mestiere dell’associazione Artigiani di Bergamo –. Le normative sugli impianti del gas sono estremamente rigide. Impianti certificati e monitorati da professionisti iscritti all’albo professionale non fanno correre pericoli».

Invece, questa l’accusa principale rivolta dai consumatori, molti venditori hanno usato proprio (l’inesistente) obbligatorietà quale grimaldello per far firmare i contratti. Decine di denunce, ora indagano le procure.

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