Il tormentone dello stadio
tra progetti nel cassetto e restyling

Correva l’anno 1928... Già, l’«Atleti Azzurri d’Italia», già comunale e prima ancora «Brumana» ha la bellezza di 86 anni. E nonostante i lodevoli interventi di maquillage, il tabellone mega, le poltroncine nerazzurre della tribuna centrale e gli Status Quo sparati a palla all’ingresso delle squadre in campo, li dimostra tutti.

Nato con una capienza di 12 mila posti, la struttura comprendeva il terreno di gioco per il calcio e il rugby, di 120 per 70 metri, contornato da una pista in cenere per l’atletica. Lungo i lati maggiori sorgevano le due tribune: quella ad ovest, coperta, e quella ad est, scoperta. Nell’area oggi occupata dalla curva Pisani c’erano i campi da tennis, mentre dalla parte opposta sorgevano le piscine. Un impianto giudicato all’avanguardia all’epoca, un modello da seguire nella realizzazione di diversi successivi impianti.

Lo stadio subì numerose ristrutturazioni. Furono aggiunte le due curve e la copertura della tribuna ad est. Nell’estate del 1984, contestualmente al ritorno dell’Atalanta in serie A, fu eliminata la pista di atletica, al posto della quale furono aggiunte delle tribune metalliche. Queste permisero di aumentare la capienza, che toccò il record storico il 16 settembre 1984, quando alla partita Atalanta-Inter assistettero oltre 43 mila spettatori. Stipati fino all’inverosimiile. Dopo le ultime modifiche la capienza dello stadio è di poco meno di 25 mila posti. L’ultimo restyling significativo è stato compiuto con la copertura della tribuna Creberg, negli anni ’90.

Da allora è stato tutto un susseguirsi di progetti di stadi nuovi, falliti uno dopo l’altro. Cittadelle dello sport faraoniche in diversi comuni dell’hinterland, annunci in serie e fallimenti pure. Si comincia nel 2000 con il progetto della Cittadella dello sport al confine tra Bergamo, Treviolo e Curno.

Poi tocca al piatto forte, ovvero all’area dove per anni si dibatterà se costruire o meno lo stadio, quella di Grumello del Piano. Il valzer comincia nel 2003, quando Antonio Percassi (non ancora presidente dell’Atalanta) e l’imprenditore Paolo Cividini presentano un faraonico progetto di Parco dello sport pensato dal colosso Arup.

Progetto che si arena per difficoltà politiche e per la ferma contrarietà della successiva amministrazione di centrosinistra a sacrificare l’area di Grumello del Piano per uno stadio, preferendo destinarla alla nuova Accademia della Guardia di Finanza. Che non si farà, comununque. L’obiettivo di Palafrizzoni diventa quindi quello di ristrutturare l’attuale impianto di viale Giulio Cesare, e ci prova con un bando di concorso.

Si presenta una sola cordata, quella di Stadio 3000 composta dall’allora presidente dell’Atalanta, il compianto Ivan Ruggeri, e dall’imprenditore Armando Maffeis. Il progetto è molto valido, ma come contropartita prevede la cementificazione di una parte rilevante di uno degli ultimi polmoni verdi, la Martinella. Ipotesi rispedita al mittente. E anche questa ipotesi naufraga. Ma nel frattempo Percassi non molla e comincia a sondare il terreno nei paesi dell’hinterland, e pare trovare la giusta soluzione in quel di Grassobbio.

La risposta di Ruggeri è da Antologia: «Per me ci possono giocare le capre». E i rapporti tra i due, come dire, si raffreddano discretamente. Nel frattempo, tanto per non farsi mancare nulla, esce allo scoperto l’AlbinoLeffe che presenta il proprio progetto per uno stadio per il calcio minore (griffato Giugiaro) da realizzare in quel di Campagnola.

Naturalmente anche questa ipotesi rimane sulla carta, e allora i riflettori tornano a puntarsi sulla sola area apparentemente possibile in città, quella di Grumello del Piano. Prima ci prova l’Atalanta versione Ruggeri junior, poi la società nerazzurra viene acquistata da Percassi e tutti si attendono che la palla torni in quel di Grassobbio. Ma non va proprio così. Il patron nerazzurro serra nuovamente le fila con Cividini, proprietario delle aree di Grumello del Piano, ed ecco apparire nel 2011 la versione riveduta e corretta del Parco dello sport.

Finisce non male, malissimo: tra i due volano gli stracci e anche minacce di querela. Percassi rinuncia definitivamente ad un progetto di nuovo impianto e si butta a capofitto nella ristrutturazione di quello vecchio: raddrizzamento delle due curve e copertura totale, questi gli obiettivi. O meglio, i progetti. Perché ora come ora il gioco dello stadio l’ha riportato alla casella di partenza: quello dello stadio del 1928, riveduto e corretto. Ma sempre con anni 86 sul groppone.

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