La crisi morde ancora in Italia
Quasi 3 su 10 vivono in povertà

In Europa diminuiscono un po’ e il dato è incoraggiante. Ma i poveri sono sempre troppi nell’Unione, con punte drammatiche in Bulgaria, Romania e Grecia. La somma totale fa 117 milioni di poveri, il 23% della popolazione del Vecchio continente. E non basta consolarsi perché la cifra in termini percentuali è scesa di due punti rispetto a tre anni fa.

In occasione della prima Giornata mondiale dei poveri, voluta da Papa Francesco, le statistiche indicano che si fa troppo poco per contrastare quella che in pratica è la peggiore esclusione sociale. La povertà impedisce a decine di milioni di cittadini europei di esercitare un diritto: al cibo, all’assistenza sanitaria, al lavoro, all’educazione. Non c’è infatti solo chi dorme per strada e rovista nei cassonetti. La crisi economica ha consegnato altre diseguaglianze, e poveri si diventa per mancanza di strutture sociali, di politiche di welfare adeguate alla complessità della crisi e di redistribuzione più equa del reddito. Qualcosa negli ultimi tre anni si è fatto e la campagna «Zero poverty», lanciata da Caritas Europa, ha contribuito molto. Eppure l’obiettivo, adottato dai Paesi dell’Unione nella cosiddetta «Strategia Europa 2020», di ridurre di almeno altri 20 milioni i poveri rischia di restare un miraggio in mancanza di una più decisa e cruciale azione di coordinamento da parte di Bruxelles.

Il divario tra Paesi a basso rischio di povertà e quelli ad alto rischio spezza l’Unione, e la forbice è sempre troppo ampia. Da una parte c’è la Bulgaria, dove 4 persone su 10 sono povere. Appena dietro Romania e Grecia, con un dato pressoché uguale. All’altro capo Repubblica Ceca, Finlandia e Danimarca con uno solo su 10. L’Italia sta in mezzo con il 28% di poveri, cifra altissima e soprattutto peggiore performance della parte più ricca dell’Unione: 17 milioni. Poveri, secondo i criteri europei, si è quando si mette in tasca uno stipendio inferiore del 60% del reddito medio nazionale, quando lavora una sola persona, di solito sottopagata, in famiglia e quando non si può comprare nulla o quasi perché i pochi soldi vanno per il cibo, anche in questo caso poco e di bassa qualità.

In Italia, inoltre, le persone che si trovano in «grave deprivazione materiale» sono passate l’anno scorso dal 7,5% della popolazione all’11,5%. E se si torna al 2008, data di inizio della crisi, la progressione è più spaventosa, perché allora in deprivazione materiale grave c’era solo un italiano su 10. Poi c’è il resto, entrando nei dettagli. Il 20% delle persone in Italia ha uno stipendio inferiore del 60% rispetto alla media nazionale e nel 10% delle famiglie lavora solo una persona sottopagata e precaria. Sono stati questi numeri e la misura della loro angoscia a far decidere al governo la prima misura strutturale di lotta alla povertà nella storia della Repubblica, che partirà all’inizio del prossimo anno.

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