L’odissea infinita della stazione
tra idee, progetti e tanti (troppi) flop

Sulla vicenda della stazione ne abbiamo viste di tutti i colori, e pure di più, all’insegna di uno dei motti bergamaschi più celebri: fa e desfà l’è töt laurà.

Dal futuro di Porta Sud e della sua piastra sospesa sopra i binari, al passato prossimo di un restyling senza anima. Una lunga storia di idee, progetti e tanti (troppi) flop quella della stazione di Bergamo e di piazzale Marconi. Dopo decenni passati a dibattere sul tema «come andare oltre i binari» culminati nel fantasmagorico progetto di Porta Sud, con tanto di megaconcorso internazionale vinto dall’archistar giapponese Arata Isozaki per la nuova sede della Provincia, tutto si è afflosciato come il più classico castello di carte.

Incassato il flop di un’operazione che avrebbe cambiato il volto di Bergamo, dando il «la» alla costruzione del terzo centro cittadino, non è rimasto niente da fare che lavorare sulla più classica sistemazione di un piazzale dalle fattezze comunque care ai bergamaschi. Uno spazio tradizionale, la rotonda, la fontana e la vista mozzafiato su Città Alta, immortalata in molte immagini, d’epoca e non.

Palafrizzoni si è così messa al lavoro, intercettando i fondi europei assegnati alla Regione e portando a casa 1 milione e 750 mila euro per un progetto d’intermodalità che strada facendo ha cambiato decisamente forma. C’era una pensilina in vetro ed acciaio dalle notevoli dimensioni a caratterizzare l’area, «aiuole a differenti livelli con il compito di convogliare i diversi flussi pedonali», una pavimentazione differenziata. Tutto quello che, in sostanza, poteva servire a gestire in modo funzionale i flussi dei pendolari in un’area dove insistono autobus urbani e non, treno, tram e mobilità privata. Anche leggera.

Ma tempo pochi mesi e comincia la guerra della fontana nel centrodestra: l’allora assessore ai Lavori pubblici Alessio Saltarelli favorevole al suo mantenimento in quanto appena restaurata, quello alla Mobilità Gianfranco Ceci di parere opposto. Non a caso nei primi rendering del progetto la fontana non c’è proprio, e il piazzale ha comunque una certa qual linearità. Alla fine però si propende per la sua conservazione in loco, e il progetto prende una piega decisamente diversa.

Quando il piazzale rivela le sue vere fattezze in parecchi ne evidenziano i tratti decisamente bulgari. Il sovrintendente Giuseppe Napoleone bolla le panchine con l’epiteto sprezzante di «bare» e solleva fior di perplessità su una fontana dal basamento che sprofonda letteralmente nel nuovo assetto del piazzale. Manca il verde, si sottolinea da più parti, e Palafrizzoni prova a correre ai ripari chiamando gli esperti di Arketipos, forti dell’esperienza di successo in Piazza Vecchia. Ma anche questo tentativo rimane a metà.

Anche Centostazioni ci mette del suo, con un progetto di restyling dell’edificio che non convince per niente il sovrintendente medesimo, preoccupato dell’andamento vagamente triangolare della facciata in vetro. Morale, anche questo versante del piazzale è da rivedere, fermo restando che i lavori di sistemazione dell’edificio procedono decisamente a rilento.

Alla fine Centostazioni partorisce un progetto decisamente freddino, con una galleria in vetro molto regolare e che non lascia spazio alla fantasia. In asse perfetto con l’edificio della seconda metà dell’800 che da sempre caratterizza una piazza che però continua a lasciare perplessi i bergamaschi. In molti dicono la loro sul sondaggio lanciato dal nostro sito, dove arrivano diverse proposte per migliorare l’area, che Palafrizzoni intenderebbe tenere in considerazione. Ma ora la patata bollente passa all’architetto portoghese Ines Lobo, fresca vincitrice dell’«arcVision Prize - women and architecture» lanciato da Italcementi. Auguri. Ne avrà bisogno.

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