«Mamma, sto per andare in cielo»
Le ultime parole di Gloria e Marco

I due ragazzi italiani sono morti nell’incendio della torre a Londra: le drammatiche telefonate.

Gloria Trevisan e Marco Gottardi, i due fidanzati residenti da pochi mesi al 23° e penultimo piano del grattacielo di nord Kensington sono morti nel rogo della Grenfell Tower di Londra. La conferma è arrivata dai legali delle famiglie. Architetti, 27 e 28 anni, laureati allo Iuav di Venezia con 110, lei di San Giorgio delle Pertiche, nel padovano, lui di San Stino di Livenza (Venezia), si erano trasferiti nella capitale britannica pochi mesi fa, con l’idea di migliorare il loro inglese e trovare un lavoro. Nel giro di poco, l’avevano trovato in due studi di progettazione prestigiosi, con uno stipendio di 1800 sterline al mese (circa 2100 euro), e avevano ovviamente deciso di fermarsi. Erano contenti della loro sistemazione, basta vedere le panoramiche della città che Gloria postava sui social dalla finestra dell’appartamento.

«Mamma, è successo qualcosa...»: così sono iniziate le ore di angoscia per la famiglia di Gloria Trevisan. Nelle ore successive si sono susseguite una serie di chiamate, con la ragazza che avvertiva che «qualcosa di brutto» stava succedendo ai piani inferiori. Emanuela Disarò e suo marito Loris hanno parlato a più riprese con la figlia, cercando di tranquillizzarla sul pronto intervento dei vigili del fuoco.

Anche i genitori di Marco sono stati svegliati alle 3.45 da un sms della mamma di Gloria, che li avvisava dell’incendio. Si sono messi subito in contatto con il figlio e lui, forse per non preoccuparli, ha ostentato tranquillità. «Mio figlio minimizzava l’accaduto - ha detto Giannino Gottardi - Penso facesse così per tranquillizzare Gloria e anche mia moglie. Ci sono state una serie di telefonate convulse, nelle quali continuava a garantirci che i soccorsi stavano arrivando e che la situazione si poteva risolvere». Ma nel giro di poco è stato chiaro che la situazione era disperata.

Nelle chiamate dalle 3 in poi Gloria inizia a spiegare: «Da qui non possiamo uscire, siamo bloccati». Intanto le televisioni iniziavano a far passare le prime immagini della tragedia, seguite in diretta dai genitori dei ragazzi. Intorno alle 4 l’ultima telefonata. Il fumo stava per invadere l’appartamento. «Mamma, mi sono resa conto che sto morendo. Grazie per quello che hai fatto per me». Poi, l’addio: «Sto per andare in cielo, vi aiuterò da lì».

Drammatico anche il racconto del padre di Marco: «Siamo stati al telefono con i ragazzi fino all’ultimo istante. Poi ci hanno detto che l’appartamento era invaso dal fumo e subito dopo le comunicazioni si sono interrotte...».

Nel frattempo si punta il dito contro le cattive amministrazioni delle residenze popolari di Londra. Un articolo del Guardian pubblicato stamattina accusa: «Guardate Grenfell Tower e vedete il terribile prezzo dell’inuguaglianza in Gran Bretagna». Ricchi e poveri ricevono trattamenti diversi anche nel Paese della Brexit. I privilegiati possono comprarsi la sicurezza, la salvezza e una rappresentanza legale. La gran parte dei residenti dello skyline apparteneva al ceto popolare e non poteva permettersi di abitare altrove. Nel palazzone realizzato nello stile dell’edilizia popolare degli anni ’70, ma gestito come un business privato, con appartamenti neppure a buon mercato per gli standard di chi ci viveva campando di stipendi base, vivevano soprattuto working class, immigrati, giovani in cerca di fortuna.

Erano scesi a compromesso con i loro «landlord». Gli abitanti della Grenfell Tower avevano già avvistato Kctmo, l’ente amministratore dell’edificio, che esisteva un grosso rischio d’incendio. Nessun sistema adeguato di allarme, una sola via per l’evacuazione, procedure d’emergenza non chiare, ristrutturazione fatta con materiali infiammabili. Secondo il Guardian online, il Grenfell Action Group, il comitato di cittadini che l’anno scorso ha lanciato un allarme sulle carenze di sicurezza, sostiene che a causa di una sovratensione nel 2013 è stato evitato per un soffio «un incendio dalle conseguenze drammatiche».

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