«Patrizia fu uccisa da un errore
Non sarei sopravvissuto al rimorso»

«Non ho mai dubitato che la Procura di Brescia arrivasse a chiedere l’archiviazione. Ricordiamoci che in questa vicenda io sono la parte lesa». Massimiliano Tomezzoli, marito di Patrizia Rodi, l’antiquaria di Borgo Santa Caterina morta nel 2006 dopo un intervento di laparoscopia alla clinica S. Anna di Brescia, è indagato per omicidio volontario .

«Non ho mai dubitato che la Procura di Brescia arrivasse a chiedere l’archiviazione. Ricordiamoci che in questa vicenda io sono la parte lesa». Massimiliano Tomezzoli, marito di Patrizia Rodi, l’antiquaria di Borgo Santa Caterina morta nel 2006 dopo un intervento di laparoscopia alla clinica S. Anna di Brescia, è indagato per omicidio volontario dopo essere stato assolto da quello colposo insieme ai medici che si occuparono di sua moglie.

Si ipotizza il dolo eventuale: ritardando i soccorsi, lei ha accettato il rischio che sua moglie potesse morire.

«Patrizia quando è stata dimessa stava bene, aveva fatto anche la lavatrice e i mestieri in casa. Ha cominciato ad avvertire dolori nel pomeriggio del 17 settembre 2005 (era stata dimessa in mattinata, ndr). Ha chiamato il dottor Donvito che l’aveva operata, il quale aveva assicurato che erano dolori compatibili con il decorso post operatorio. Poi, visto che persistevano, il giorno successivo l’ho richiamato io. Lui mi ha detto: portamela qui in clinica. Ma Patrizia non ha voluto andare».

E lei, signor Tomezzoli, che ha fatto?

«Ho chiamato un medico vicino di casa, il dottor Giorgio Lamera, che alle 22 del sabato (18 settembre, ndr) l’ha visitata, ha steso un referto in cui si confermava che si trattava di dolori compatibili col decorso e ha prescritto antidolorifici. Come potevo io, che non sono laureato in Medicina, intuire che mia moglie fosse in pericolo, se era stata dimessa da un ospedale e se non l’avevano capito nemmeno i due medici consultati dopo la dimissione? Credo che Patrizia abbia cominciato a star male nella notte. Io la mattina successiva, contro il suo parere, l’ho subito accompagnata in ospedale. Questo è il ritardo? È una questione che s’era posta anche nel processo per omicidio colposo da cui sono uscito definitivamente assolto».

Davvero non può rimproverarsi nulla in questa vicenda?

«Ci ho pensato spesso: se avessi avuto anche solo un sospetto di aver sbagliato, mi sarei ucciso. Non sarei riuscito a sopravvivere ai sensi di colpa. Ancora adesso non mi dò pace pensando che Patrizia ha trovato la morte cercando la vita». 

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