San Pietroburgo, l’abbraccio del vescovo
alla Chiesa ortodossa - Il video

L’abbraccio tra il vescovo Francesco Beschi e padre Aleksandr Sorokin e il commovente applauso dei 463 bergamaschi nella chiesa della Madonna di Teodoro (Fedorovskaya) a San Pietroburgo hanno di fatto concluso la prima parte del pellegrinaggio diocesano in Russia.

Un abbraccio iniziato, dopo un dialogo curioso sulla storia della chiesa, sui sacramenti e in particolare sul battesimo. Quando il discorso si è soffermato sui giovani e sulla tradizione degli oratori, con Padre Aleksandr che rispondendo a una domanda ha spiegato come anche nella sua chiesa si trovi un luogo dove i ragazzi possono trovarsi a parlare, il vescovo ha istintivamente chiesto: «Come fate?» «È facile e difficile al tempo stesso - ha replicato padre Aleksandr - bisogna avere un bacillo iniziale che poi va avanti, un fermento che continua a lievitare e i ragazzi contagiati continuano a portarci altri ragazzi». Uno scambio di esperienze che ha reso il clima talmente familiare che, quando i pellegrini sono saliti nella parte alta della chiesa ascoltando in silenzio la spiegazione riguardante la parete di icone, non poteva che portare a questo abbraccio. Dopodiché è risuonata la preghiera del «Padre Nostro» accompagnato dalla commozione di tutti a partire dal vescovo.

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«Facciamo una foto insieme» ha chiesto alla fine monsignor Beschi come tra vecchi amici e immediatamente padre Aleksandr ha chiamato tutti sull’altare per una foto di gruppo destinata a diventare storica per la nostra diocesi. «Spero che questo gesto sia nel segno dell’ecumenismo - aveva detto il vescovo sabato, durante la messa di introduzione al pellegrinaggio - e ci introduca non solo all’unità dei cristiani ma anche all’unità del cristiano». L’incontro con padre Aleksandr è stato certamente il primo segno di questo ecumenismo.

In precedenza il sacerdote ortodosso si era soffermato sulla storia della sua chiesa. L’edificio di culto dopo la rivoluzione era stato trasformato in una centrale del latte. Una ventina di anni fa lo Stato l’ha restituito alla comunità cristiana: «Abbiamo iniziato a celebrare la divina liturgia ancor prima di iniziare il restauro - ha spiegato padre Aleksandr - poi, dopo qualche anno, abbiamo costruito l’altare». Che per una chiesa ortodossa è decisamente particolare visto che non ha la tradizionale parete di icone detta iconostasi che divide i fedeli dai celebranti. «Molti quando entrano in questa chiesa restano scandalizzati e chiedono se è una chiesa cattolica - ha aggiunto il sacerdote - ma noi abbiamo deciso di lasciarla così perché durante la costruzione abbiamo visto la vera chiesa, un gruppo di persone, abbiamo quindi deciso di conservare questa esperienza perché la chiesa è fatta di persone».

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