Segnali d’allarme
Non vanno ignorati

Le bombe carta cariche di chiodi scagliate contro i poliziotti, sabato sera dopo Atalanta-Roma, sono un pessimo segnale. Sono indizio di un cambiamento, di un salto di qualità.

Un mutamento, se così si può dire, nell’esercizio della guerriglia di strada da parte delle frange più violente della tifoseria nostrana.

L’altro segnale preoccupante è il fermo di due minorenni tra gli otto teppisti bloccati. Il mito ultrà, quel particolarissimo mix di cameratismo e protagonismo prêt-à-porter con qualche innesto di ideologia antisistema, è ricco di fascino anche per le nuove generazioni, certamente più smaliziate, ma forse anche più fragili, più esposte, rispetto ai predecessori, all’altalena sociale. E per questo più cariche di rabbia.

Gli scontri sono stati organizzati dettagliatamente. Prima il lancio dei bengala da parte degli ultrà romanisti verso la Curva Sud, in mezzo alla gente. Poi gli agguati dei nerazzurri nel dopopartita. Nulla di improvvisato, nulla di spontaneo. I teppisti hanno attaccato su più fronti, scegliendo con cura il momento e il luogo per gestire l’assalto nel modo più micidiale possibile.

Per i tutori dell’ordine pubblico non è stata una sorpresa. Chi conosce il mondo ultrà sapeva benissimo che sarebbe stata una resa dei conti. La storica rivalità, il prolungato digiuno di scontri sul campo, il desiderio di riposizionamento nei confronti di una tifoseria che si è macchiata di un omicidio con arma da fuoco (quello del tifoso napoletano Ciro Esposito)...

Ce n’era abbastanza per vietare la trasferta. E forse anche in questo c’è stata premeditazione. O semplice sciatteria. Si sarebbero risparmiati parecchi soldi pubblici, cinque feriti e una serata di paura per un quartiere intero.


© RIPRODUZIONE RISERVATA