Manzù a vent'anni dalla morte
Un'intervista alla moglie Inge

Il 17 gennaio 1991, 20 anni fa, moriva Giacomo Manzù, lo scultore bergamasco che ha lasciato un'impronta indelebile nell'arte del Novecento. Inge Manzù, moglie dell'artista, in una intervista a L'Eco di Bergamo ne rievoca la figura.

La notte del 17 gennaio 1991, vent'anni fa, moriva Giacomo Manzù, lo scultore bergamasco che ha lasciato un'impronta indelebile nel mondo dell'arte del Novecento. A rievocare la figura dell'illustre concittadino è Inge Manzù, moglie dell'artista che gli ha dato due figli Giulia e Mileto, ma anche sua musa ispiratrice.

In una lunga intervista a L'Eco di Bergamo pubblicata oggi Inge Manzù parla dell'arte del marito, della Fondazione a lui intitolata e di una mosra che si terrà a marzo a Brindisi.

Non mancano alcuni accenni al rapporto con Bergamo («Sono felice che ci siano edifici e piazze intitolati a Manzù oltre che varie sculture soprattutto in Provincia. E poi Giulia e Mileto sono nati a Bergamo»), al Monumento al Partigiano («Lui non volle stare con le autorità e scelse di andare alla sua vecchia scuola Cuminetti di via Borfuro. Lì stette a parlare con i bambini, poi disegno sulla lavagna una mela e una pera») e all'eredità artistica che Manzù ci ha lasciato.

«Giacomo diceva - afferma Inge Manzù -: “Io lavoro perché mi è una necessità indispensabile all'anima. Io sono un artigiano. Per il resto, se vi è qualcosa da dire, penseranno i miei disegni e le mie sculture”. La sua eredità artistica è vastissima. Ha saputo coniugare antico e moderno».

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