Casa a consumo quasi zero
Una legge poco flessibile

Bella e impossibile. O quasi. La casa a consumo quasi zero, la casa del futuro, dell’edilizia sostenibile perché taglia i consumi di energia e le emissioni di CO2 rischia di restare un bel sogno chiuso nel cassetto. È proprio la legge – in vigore da quest’anno solo in Lombardia - a chiuderle la prospettiva di crescita. E già si parla di un quasi “paradosso”.

Bella e impossibile. O quasi. La casa a consumo quasi zero, la casa del futuro, dell’edilizia sostenibile perché taglia i consumi di energia e le emissioni di CO2 rischia di restare un bel sogno chiuso nel cassetto. È proprio la legge – in vigore da quest’anno solo in Lombardia - a chiuderle la prospettiva di crescita. E già si parla di un quasi “paradosso”.

Sono gli stessi operatori a sollevare il caso, con esempi concreti. Limiti con cui, forse, la stessa legge non aveva previsto di fare i conti, quando si passa dalla prescrizione della regola all’applicazione nella realtà. Come in questo caso, sollevato dal progetto di un architetto.

Addio efficienza energetica

In partenza, quindi, c’è la norma. Prevede che nel caso di interventi di riqualificazione su oltre il 50% delle superfici che disperdono energia sia obbligatorio l’impiego di materiali edilizi altamente performanti, l’applicazione delle ultime tecnologie e tecniche di costruzione, l’installazione di impianti e sistemi che forniscano all’edificio energia da fonte rinnovabile.
Il risultato obbligatorio è garantire un consumo massimo di energia non superiore ai 36 kwh al metro quadro l’anno. Questo il parametro e, in quel numero, anche la sua contraddizione. Vediamo perché.

Al centro del progetto di ristrutturazione, una casa degli Anni ’70: tre piani, di cui uno interrato e adibito a rimessa d’auto. Ci abita una famiglia e, spinti da una sincera coscienza ambientale, decide di contribuire alla sostenibilità del Pianeta con una buona pratica.
La legge quantifica l’intervento come “Ristrutturazione importante di primo livello”. Si prevedono la coibentazione delle pareti esterne con un cappotto da 14 cm, il rifacimento e isolamento del tetto, l’isolamento del pavimento fra pian terreno e box, la sostituzione di tutti i serramenti, un impianto termico con pompa di calore, materiali edili ad altissima garanzia di efficienza energetica.
Un intervento importante, lavori quasi assimilabili a una nuova costruzione. E sono anche le cifre a indicarlo: l’investimento è di poco più di 120mila euro. La sorpresa però non è questa. Il paradosso anzi è che comunque non si raggiunge ancora il parametro di efficientamento energetico della legge regionale: contro i 36 kW/h si arriva al massimo a 57,37 kW/h. Mancano solo 21 kW/h, ma non c’è tolleranza.

I nuovi limiti
Una sola alternativa: aggiungere ulteriore isolamento, cambiare impianti termici e installare un nuovo impianto fotovoltaico da 4 kW. L’investimento sale però a 150mila euro. Ma a quel punto, se già prima il costo era proibitivo, ora diventa impossibile. E così la famiglia cambia idea, e fa emergere il paradosso. Per non sottostare all’obbligo della casa a consumo quasi zero, decide rinunciare anche a quegli ottimi 57,37 kWh e di fermare gli interventi sotto il 50% della superficie e per quei 20 kWh di differenza perderà efficienza energetica e risparmio.

Chi troppo vuole
Il progetto cambia e da riqualificazione esemplare che poteva essere, diventa quasi ordinario: ci si limita a rifare il tetto, a cambiare i serramenti e ricorrere a materiali meno performanti. Dovrà rinunciare al cappotto (impossibile aumentare lo spessore oltre i 14 cm anche per una questione di vicinato), rinuncia a parte della coibentazione del tetto, e anche alla caldaia a pompa di calore, per una caldaia a condensazione. E fermarsi qui, per rientrare nella tipologia di interventi che la legge etichetta “importante di secondo livello”. Costo comunque intorno ai 70mila euro. Ma soprattutto addio efficienza energetica, lo spirito ispiratore della legge: il consumo aumenta dai 57 ai 160 kWh, 100 kWh di consumi energetici in più.
Un paradosso, insomma, e questa è una valutazione unanime fra gli operatori, proprio perché non sono previsti parametri intermedi e più flessibili, almeno nelle ristrutturazioni. La legge è animata da un’ottima ispirazione, ma poi come spesso accade “a voler troppo, non si ottiene nulla”.

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