Ecco come i formaggi hanno modificato il paesaggio

«Tutto il latte è bianco, ma ciò non significa che sia tutto uguale. E così il formaggio che ne deriva, risultato non solo di diverse lavorazioni, ma di diversi paesaggi montani» spiega Flaminio della famiglia Locatelli di Vedeseta, che con il padre Guglielmo è uno dei produttori dello Strachitunt, ultimo entrato nella rosa dei formaggi Dop (denominazione ad origine protetta).

«Tutto il latte è bianco, ma ciò non significa che sia tutto uguale. E così il formaggio che ne deriva, risultato non solo di diverse lavorazioni, ma di diversi paesaggi montani» spiega Flaminio della famiglia Locatelli di Vedeseta, che con il padre Guglielmo è uno dei produttori dello Strachitunt, ultimo entrato nella rosa dei formaggi Dop (denominazione ad origine protetta).

Una salita di 100 giorni

La necessità di realizzare diverse qualità di formaggio ha modellato i pascoli, che a prima vista sembrano tutti uguali, ma che sono diversi e possiamo imparare a distinguerli così da capire a che prodotto caseario daranno vita. Per comprenderlo dobbiamo seguire il percorso della salita del bestiame, che da secoli verso la metà di giugno per un periodo che va dai 60 ai 100 giorni, consuma i pascoli, a partire da quelli più bassi, dove viene prodotto il Branzi, che nasce a basse quote nei pascoli di media valle tra Val Brembana, Serina e Imagna, ad altitudini di poco superiori ai 600 metri. In aree di pascolo di bassa quota la parte di prato è circondata da molti alberi a foglie caduche, che concimano il terreno: faggi, betulle, tigli, carpini, frassini e betulle.

Anche gli alberi contano

Si sale poi alle malghe di alta quota, come quelle dove pascolano le mucche dello Strachitunt: «sono pascoli dove c’è molta terra e poca roccia, l’erba è quindi molto ricca e non lontano ci sono acque sorgive dove abbeverare gli animali, che vengono nutriti anche con una piccola parte di mais orzo e cereali – spiega Flaminio Locatelli - Noi da giugno a settembre siamo al pre alpeggio del Roccolo della Sella, a 1400 metri di altezza, la Val Taleggio non ha montagne altissime intorno e anche negli altri pascoli comunali dei Piani di Altavaggio non lontani da Taleggio in cui vengono portate le bestie si arriva a 1649 metri».

L’erba di questi prati è molto verde, come si vede nella foto che pubblichiamo in queste pagine e ai margini si trovano foreste di abeti, larici, cespugli di rododendro e mirtilli.

Superate le malghe di alta quota, gli animali proseguono per raggiungere i prati delle baite, che superano i 2000 metri, come quelli dell’Alpe Val Carisole Giretta Pianone tra Carona e Foppolo, dove viene prodotto il Formai de Mut (Dop), a un’altitudine che tocca anche i 2300 metri.

L’espressione “ndà al mut” in dialetto significa proprio salire in alpeggio. Lì nasce il Formai del Mut, prodotto esclusivamente con latte di vacca crudo e intero spesso munto a mano in quota. Nelle zone d’alpeggio il manto erboso è fitto e continuo ed è circondato da a cespugli, brughiere e praterie naturali.

Scalata benefica per l’animale

Non solo l’alpeggio, ma anche la monticazione – ossia la salita verso di esso - è fondamentale per la qualità del latte: attraverso l’attività fisica l’animale migliora la sua salute, la circolazione e l’ossigenazione. Alimentare il bestiame con foraggio locale coniuga la bontà del latte, qualità superiore dei formaggi e un impatto benefico sulla salute al benessere degli animali: scegliere di portarli nei pascoli di montagna inoltre è benefico anche per l’ambiente stesso, perché l’utilizzo garantisce la tutela di questi paesaggi rurali destinati altrimenti a scomparire.

Non a caso l’Unione europea concede il marchio Dop se un formaggio è legato “essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico, inclusi i fattori naturali e umani”. «Senza la filiera casearia i territori montani avrebbero grandi difficoltà a livello di tutela del patrimonio della biodiversità - spiega Francesco Maroni, presidente Associazione San Matteo Le Tre Signorie - i formaggi ne mantengono il pregio paesaggistico, giocando ruolo strategico per la tutela del valore culturale e identitario, non solo economico delle nostre montagne. Oltre all’aspetto enogastronomico, quello che la filiera dei formaggi sta facendo per il territorio è simile a ciò che l’architettura della vite ha fatto nelle langhe in Piemonte, ha tutelato il paesaggio, che nella bergamasca significa prevenire il rischio di imboschimento dei territori e mantenerli con lo sfalcio dei prati e l’attività bovina».

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