L'Indesit chiude Brembate Sopra
I sindacati: decisione inaccettabile

La decisione della Indesit, che ha annunciato lo spostamento nel Mezzogiorno delle produzioni di lavabiancheria a carica dall'alto, ora realizzate nello stabilimento di Brembate Sopra, ha fatto immediatamente scattare lo sciopero degli oltre 400 lavoratori bergamaschi impiegati nel polo produttivo bergamasco. I dipendenti - precisa una nota dei sindacati - presidiano i cancelli dello stabilimento: l'agitazione è scattata immediatamente, appena sono state rese note le decisioni del consiglio di amministrazione sulla prossima chiusura dello stabilimento.

Immediate le reazioni dei sindacati
«È inaccettabile la chiusura di uno stabilimento così importante – dice Ferdinando Uliano, segretario generale della Fim Cisl di Bergamo – soprattutto perché fatta senza un confronto con le organizzazioni sindacali».

«Riteniamo grave – continua Uliano -, sia nella decisione sia nel metodo adottato, l'aver appreso dai mass media la notizia della chiusura di Brembate e di mettere a rischio 430 posti di lavoro. Inaccettabile da parte nostra questa decisione . Da sempre le organizzazione sindacali e i lavoratori di Brembate di sono spese per questo stabilimento e mai la direzione aziendale negli anni passati e recentemente ha posto problemi riguardo la poca redditività del sito., La decisione che apprendiamo, tra le altre cose, dimostra che questa produzione può benissimo rimanere qui, siamo disponibili da subito a un incontro per discutere di salvaguardare lo stabilimento e l'occupazione. Chiediamo a tutte le istituzioni locali e ai rappresentati politici di esercitare il loro ruolo e appoggiare la battaglia dei lavoratori di Indesit che da subito sono scesi in campo con un'azione di sciopero immediata». Domani verranno organizzate le assemblee dove decidere ulteriori iniziative di lotta, con l'obiettivo di far cambiare posizione all'azienda

Anche «La Fiom Cgil è contraria - ha sottolinato anche Paola Guerini della Fiom Cgil di Bergamo - alla chiusura del sito di Brembate, che a oggi occupa circa 400 lavoratori. Chiede fin da ora che si apra la discussione finalizzata al mantenimento dell'intera occupazione».

Il fatto più grave, secondo la Fiom, è legata al fatto che «Paola Guerini, Mirco Rota e la delegata aziendale Sonia Roberti, hanno appena incontrato l'azienda, nella persona di Alessandro Tifi, in Confindustria per discutere della richiesta della cassa integrazione ordinaria per il mese di giugno e durante l'incontro non è emerso nulla in merito alla chiusura».

«Inaccettabile e del tutto non condivisibile». È il commento della Uilm Uil di Bergamo, Angelo Nozza, che aggiunge: «È assurdo dichiarare di voler salvaguardare le attività produttive in Italia e poi tagliare posti e siti produttivi proprio in Italia. Consideriamo questo annuncio come un'entrata a gamba tesa soprattutto perché proprio ieri, nel corso di una riunione nella sede di Confindustria Bergamo, i rappresentanti della proprietà avevano fermamente negato ogni ipotesi di chiusura per Brembate e stroncato con altrettanta durezza qualsiasi voce in merito. Dobbiamo dire con chiarezza che a Bergamo non siamo abituati ad agire in questo modo. Peraltro, nessuno può considerarci “piccioni viaggiatori” pronti a fare la spola tra Ancona, dov'è la sede del gruppo, e la nostra provincia. È quindi il caso di ripartire a bocce ferme con una discussione seria e costruttiva. Per il momento esprimiamo tutta la nostra solidarietà ai lavoratori e restiamo in attesa di capire meglio la situazione dopo l'incontro con l'azienda fissato, proprio ad Ancona, per il 17 giugno prossimo».

La segreteria della Uil di Bergamo «esprime solidarietà ai lavoratori coinvolti e si impegna sin d'ora, insieme alla categoria, a ricercare soluzioni alternative che consentano di scongiurare la prospettata ipotesi di cessazione definitiva dell'attività. La chiusura di Brembate, infatti, provocherebbe, per la provincia e l'intero territorio, la perdita irreparabile di un patrimonio storico e industriale di assoluta rilevanza economica, nel quale oltretutto, attraverso i successivi passaggi di proprietà e denominazione dall'originaria Philco alle successive Merloni e Indesit, intere generazioni di lavoratori bergamaschi residenti nello stesso paese o nei Comuni limitrofi hanno operato per garantire la crescita e la prosperità del sito produttivo».

Anche il Partito Democratico «segue con viva partecipazione la vicenda dello stabilimento Indesit. La decisione di Indesit Company rischia di generare conseguenze sociali di particolare gravità: è necessario che sia immediatamente avviata una interlocuzione tra l'Azienda e le rappresentanze sociali che consenta di individuare soluzioni diverse. Ci attendiamo che le Istituzioni locali e la Provincia, egemonizzate dalla Lega Nord e dal Centrodestra, escano immediatamente dall'immobilismo che le ha caratterizzate in questi mesi sui temi della crisi economica e industriale della nostra provincia e si adoperino per favorire il dialogo tra le parti sociali e per fornire concreto sostegno ai lavoratori coinvolti».

Il segretario e consigliere regionale del PD Maurizio Martina, il consigliere regionale Mario Barboni e i parlamentari Antonio Misiani e Giovanni Sanga prendono posizione con una dichiarazione congiunta sulla paventata chiusura del sito produttivo Indesit della bergamasca, che comporterebbe la perdita di 400 posti di lavoro perlopiù occupati da donne.«L'ipotesi della chiusura va scongiurata – dichiarano gli esponenti PD -. Da parte nostra già in queste ore, dopo aver appreso la notizia, ci stiamo adoperando verso l'azienda in tal senso e continueremo con tenacia a fare quanto possibile fino ad arrivare a una soluzione accettabile. Perdere 400 posti sarebbe un disastro per le lavoratrici e i lavoratori e per le loro famiglie. Chiediamo alle istituzioni locali, alla Regione e ai Ministeri competenti di attivarsi rapidamente verso la proprietà. In ogni sede noi non faremo mancare la nostra voce e il nostro contributo».

L'annuncio
Indesit Company ha annunciato la ristrutturazione della sua presenza industriale in Italia. Il piano approvato dal cda - secondo le agenzie di stampa - sarà ora discusso con le parti sociali. Prevede, nel triennio 2010-2012, investimenti per 120 milioni per l'innovazione di prodotto e di processo, diretti soprattutto a focalizzare la missione degli stabilimenti italiani del gruppo su produzioni ad alto contenuto tecnologico.

Il piano prevede l'accorpamento negli impianti del centro-sud Italia di alcune produzioni, mirate a rendere sostenibile l'assetto industriale e creare poli più competitivi. Gli impianti italiani si ridurranno da otto a sei. Oltre alla produzione di Brembate dovrebbe essere spostata nel Mezzogiorno  anche quella di apparecchiature speciali di cottura (stabilimento di Refrontolo nel Trevigiano).


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