In cassa integrazione per la crisi
Si reinventano calzolai a 40 anni

Se è vero che la vita ricomincia a 40 anni, la storia di Nadia Gotti e del marito Valter Ghezzi è l'emblema di questo famoso detto. Dopo vent'anni di lavoro, i due cassaintegrati non si sono dati per vinti e si sono reinventati calzolai a Brembate Sopra.

Se è vero che la vita ricomincia a 40 anni, la storia di Nadia Gotti e del marito Valter Ghezzi è l'emblema di questo famoso detto. Dopo vent'anni di lavoro, le due aziende della Bergamasca per cui lavoravano sono entrambe entrate in crisi, ma Nadia e Valter non si sono dati per vinti e sei mesi fa si sono reinventati calzolai aprendo un negozio nel centro di Brembate Sopra.

Nonostante la cassa integrazione e la prossima mobilità, a quarant'anni passati, la coppia (lei impiegata e lui magazziniere) ha avuto la forza di reagire e il coraggio di ripartire per una nuova sfida, cambiando vita in tutti i sensi. «Da un paio d'anni siamo rimasti entrambi in cassa integrazione a causa della forte crisi che ha colpito le due aziende per cui lavoravamo - spiegano Nadia e Valter -: la necessità di doverci ricostruire un futuro ci ha spinto tre anni fa, pur tra mille difficoltà, a cercare un'altra occasione che abbiamo trovato frequentando il corso per calzolaio organizzato dall'Unione artigiani di Bergamo».

L'idea di imparare a fare il calzolaio «mi è venuta in modo naturale - racconta Valter -: ho ragionato su quale fosse un mestiere dove non ci fosse troppa concorrenza e in cui si potessero ancora aprire spiragli di lavoro per il futuro e così ho iniziato a pensare di fare il calzolaio». Purtroppo, dal pensiero alla realtà il passaggio non è stato immediato ed agevole. Anzi. «Entravo nei negozi di calzolai in giro per la provincia - spiega Valter - ma la ritrosia che ho trovato nell'insegnare questo mestiere antico è stata incredibile: nessuno dei calzolai che ho visitato e a cui ho chiesto di aiutarmi ad apprendere il mestiere mi ha voluto dare una mano e, così, è intervenuta mia moglie Nadia che ha pensato ad una soluzione alternativa». «Sfortunatamente, dopo mio marito, anch'io sono entrata in cassa integrazione e, dopo ventidue anni di lavoro nell'ufficio amministrativo di un'azienda bergamasca, ho dovuto iniziare a guardarmi in giro: come è vero che la necessità aguzza l'ingegno, così ho iniziato a cercare un corso per calzolaio. Avevo sentito che l'Unione artigiani ne stava progettando uno e così mi sono informata, ma prima che partisse la prima edizione ho dovuto aspettare più di un anno; non mi sono data per vinta e quando il corso è stato ufficializzato mio marito ed io ci siamo subito iscritti».

Un corso di tre anni, «L'arte del calzolaio», organizzato dall'Unione artigiani di Bergamo, che «ci ha fornito le basi e gli stimoli giusti per provare ad intraprendere questo affascinante ed antico mestiere che altrimenti non avremmo potuto nemmeno iniziare - dice Nadia -: così, terminati i tre anni di corso, mi sono buttata a capofitto nel progetto di aprire un negozio, sia io che mio marito ci siamo licenziati dalle rispettive aziende in cassa integrazione e, grazie anche alla consulenza dell'Unione artigiani di Bergamo abbiamo avuto le informazioni necessarie per ottenere la mobilità che ci è stata liquidata per l'avvio di una nuova attività». Lo scorso mese di aprile «mio marito ed io ce l'abbiamo fatta - racconta con soddisfazione Nadia Gotti - e abbiamo aperto il negozio che abbiamo chiamato "L'arte del calzolaio" in onore del corso frequentato e che per noi ha rappresentato l'opportunità di una seconda vita professionale: nonostante le difficoltà del periodo ed un mestiere che per entrambi è totalmente nuovo, sono ottimista e penso che questo lavoro potrà offrire alla nostra famiglia il denaro sufficiente per vivere». 

«Abbiamo rinunciato a stare fermi e godere dei sussidi perché a quarant'anni una famiglia non può stare a casa e non fare nulla - ammette Nadia -: siamo contenti, lavoriamo sodo e ogni giorno assorbiamo meglio la nuova attività e, pensando positivo, crediamo che si possa ricominciare una nuova seconda vita».

Filippo Grossi

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