Melone di Calvenzano, cresce
la produzione e arrivano i sorbetti

È cominciata quasi per gioco, adesso sta diventando una cosa seria. La riscoperta dell'antico melone di Calvenzano, il retato per antonomasia, frutto particolare dalla forma allungata e dal peso importante (anche oltre i 5 chili), ebbe il suo massimo periodo di gloria a cavallo delle due guerre mondiali. Poi il lento declino e la ripresa che iniziò agli inizi del Duemila grazie a un pugno di appassionati della locale Cooperativa Agricola (nata nel 1887 e attualmente la più antica d'Italia), che scongiurò la completa estinzione di questo gioiello del palato, e fece ripartire la produzione. Da allora, la Cooperativa ha allargato la superficie vocata, incrementando il numero di piante e favorendo la crescita di un prodotto che oggi, essendo di nicchia e particolarmente ricercato per il suo basso contenuto zuccherino, viene soprattutto utilizzato per la creazione di gelati, confetture e mostarde, mentre una seconda linea, non legata al melone autoctono, ma più vicina a quello tradizionale di altre zone d'Italia, viene commercializzata come «fresco».

«Quella del melone di Calvenzano è una bella avventura - spiega il presidente della Cooperativa agricola, Beppe Facchetti - nata per recuperare una tradizione che si era persa, ma soprattutto per promuovere, attraverso un prodotto particolare, di nicchia, diverso da tutti gli altri meloni, il nostro territorio. Per fortuna quando abbiamo ricominciato qualche seme era stato salvato da qualche vecchio agricoltore e così è ripartita la produzione, che non è per ora un business, ma il simbolo di una coltivazione autoctona di qualità. Col tempo però, crescendo sia la produzione che l'area vocata, si cominciano ad avere numeri interessanti: la Cooperativa è pronta a sostenere investimenti anche maggiori se in futuro, come sembra, si aggregheranno altri appassionati».

«Quella del nostro frutto - spiega Fabrizio Messaggi, coltivatore e coordinatore del gruppo "amici del melone di Calvenzano" - è una storia che ha un comune denominatore: la passione e la voglia di non veder morire un prodotto che per decenni era stato il simbolo stesso del nostro paese». Così, dal 2002, anno dopo anno «abbiamo allargato la superficie, passando da poco più di mille a tremila metri quadrati, innestando sempre piantine nuove: ricordo le sei del primo anno, oggi sono 500, con una produzione di circa 50 quintali per quanto riguarda la Cooperativa, più qualche altro quintale prodotto da hobbisti locali. A questi numeri occorre poi aggiungere il centinaio di quintali commercializzati per la seconda linea non autoctona». Ma il recupero del melone di Calvenzano, voluto pure da Cassa rurale di Treviglio e Camera di commercio di Bergamo, resta anche un'operazione culturale, legata alla tradizione e alle caratteristiche organolettiche particolarissime di questo frutto, in questi mesi oggetto di studio all'Università di Valencia: «Alcuni ricercatori - ricorda Messaggi - attraverso l'analisi molecolare ne stanno studiando il Dna, che risulta particolarissimo rispetto agli altri meloni, non solo per le caratteristiche sensoriali ed estetiche».

E accanto alle ricerche scientifiche, proseguono anche quelle in cucina: dopo la marmellata e la senapata, molto interessanti da accostare per esempio a certi formaggi erborinati, è nato il filone dei gelati e da quest'anno dei sorbetti e ghiaccioli al melone di Calvenzano, che ha avuto come apripista il Caffè Milano di Treviglio e che sta riscuotendo già buoni consensi, anche se sarà la stagione estiva ormai alle porte, a decretarne o meno il successo e un'eventuale allargamento della produzione. Il melone di Calvenzano conobbe il suo massimo fulgore tra il 1920 e il 1940: addirittura negli anni Trenta ebbe una notorietà internazionale, al punto da essere richiesto nei più importanti ristoranti di Parigi, oltre alla presenza fissa nella residenza estiva dei reali d'Inghilterra. Dalla rinascita del 2002 sono nate anche interessanti variazioni sul tema, tanto che la confettura di melone di Calvenzano, ideata sei anni fa, venne inserita dal ministero dell'Agricoltura fra i prodotti gastronomici che hanno rappresentato l'Italia alle Olimpiadi di Atene 2004.

Oggi la produzione non può certo raffrontarsi ad altri colossi regionali come il melone della mantovana Viadana e del cremonese Casteldidone che si sono alleati per ottenere insieme il marchio Igp, ma resta pur sempre un prodotto di nicchia, sostanzialmente diverso come caratteristiche: il sapore più acidulo, deciso, meno dolce rispetto ad altre tipologie e quindi meno soggetto all'omologazione generale.

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