Bergamo e le «banche venete»
Sono 200 i posti di lavoro a rischio

I sindacati: «Dipendenti cavie per il mercato. Pronti alla mobilitazione». Si attende l’assemblea.

Sono più di 200 i lavoratori bergamaschi del gruppo delle «banche venete» con il fiato sospeso, in attesa della riunione del 16 novembre, quando ci sarà l’assemblea sull’azione di responsabilità contro gli ex vertici dell’istituto. In contemporanea, i sindacati presidieranno la sede del gruppo a Montebelluna. «La notizia delle dimissioni del presidente di Veneto Banca getta una luce sinistra sul futuro dei lavoratori delle due popolari venete per le quali si minaccia una fusione forzata che costerebbe un grande numero di posti di lavoro» ha detto Francesco Galizzi, segretario generale di FIirst Cisl di Bergamo.

Infatti, sostengono le organizzazioni sindacali, dopo i milioni di risparmi in fumo, l’azzeramento del valore delle azioni, ora il terremoto in atto nel giro delle banche venete rischia di determinarne altri in diversi territori, come a Bergamo, dove lavorano circa 200 dipendenti in 31 filiali.

«La sensazione di queste persone – continua Galizzi – è quella di essere trattate come vere e proprie cavie per il mercato. Hanno già dovuto assistere all’assorbimento della prima tranche di aumento del Contratto nazionale di Lavoro».

Inoltre per il sindacato, non sono per nulla chiare le motivazioni che hanno portato nei giorni scorsi alle dimissioni del presidente Beniamino Anselmi. «Avremmo preferito restasse al suo posto, perché ci aveva rassicurato sulla difesa dell’occupazione e sulla disponibilità a ragionare nei termini di un rilancio dell’attività piuttosto che in quelli di soluzioni socialmente inaccettabili a carico dei lavoratori e dei clienti. Una cosa è certa: alla parola “licenziamenti” mobiliteremo tutta la categoria. Prima di parlare di costo del lavoro, vorremmo vedere un dimezzamento degli stipendi degli alti manager, un annullamento degli sprechi e un chiarimento sui programmi di esternalizzazione».

Le banche non sono più un paradiso del lavoro, e a Bergamo lo si vede sotto diversi aspetti. «Un piccolo “smottamento” lo porta anche la chiusura della banca Popolare Lecchese, rimasta coinvolta nel crack di Banca Etruria, che qui ha uno sportello con tre dipendenti, poi tutta la situazione delle BCC, dove, anche se il sistema intanto regge, qualche scricchiolio comincia a farsi sentire».

Tornando al caso della fusione tra Veneto Banca e Popolare di Vicenza, uno studio sindacale sottolinea come in Lombardia i due istituti siano presenti con 122 sportelli complessivamente. «In caso di fusione – conclude il segretario First - è certo che una parte delle filiali sarà chiusa. In Veneto, secondo le previsioni, sarebbe allocato quasi il 70% degli sportelli della ipotetica nuova banca, con la presenza doppia in 58 comuni. Per cui non è difficile ipotizzare una cessione o chiusura di una parte delle filiali lombarde e bergamasche presenti nelle piazze comuni».

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