Brexit, preoccupazione ma non psicosi
il messaggio dell’economia bergamasca

La situazione preoccupa, ma non è il momento di farsi trascinare nella psicosi: questo il messaggio dell’economia bergamasca che si è risvegliata ieri mattina con il duro verdetto Brexit da digerire, dopo l’illusione dei sondaggi del giovedì sera.

All’assemblea di ieri di Confindustria Bergamo le battute si sprecavano: c’era chi cercava di sdrammatizzare ma l’apprensione, specie per chi ha interessi concreti nel Regno Unito, era palpabile. «Non è un bel giorno», sentenziava lapidario Silvio Albini, un po’ il simbolo, l’ambasciatore dell’export bergamasco in Gran Bretagna: il Cotonificio da lui presieduto ha infatti tra i suoi marchi Thomas Mason e David & John, brand dalla grande tradizione e prestigio Oltremanica.

«Sono molto dispiaciuto - ha aggiunto Albini - è stato fatto un grande errore, soprattutto da parte del premier Cameron, che per ragioni interne al partito conservatore, ha messo a repentaglio il destino della Gran Bretagna. A questo punto mi auguro che questo verdetto si trasformi in un gigantesco spot per l’Europa, che deve riflettere sui propri valori. Adesso comunque la cosa più sbagliata sarebbe quella di assumere atteggiamenti vendicativi nei confronti della Gran Bretagna». Albini poi spiega le difficoltà che incontreranno la sua, come tante altre imprese bergamasche: «Questa svalutazione della sterlina rischia di avere una ricaduta immediata sulle vendite in un mercato per noi fondamentale come quello inglese. E come noi, sono tante le imprese della provincia a restare con il fiato sospeso».

Un bilancio lusinghiero quello dell’export delle imprese bergamasche verso il Regno Unito negli ultimi anni. Anche i fortissimi venti della crisi, se si eccettuano i due anni centrali (2009-2010), non hanno influito più di tanto su un trend molto positivo, se si pensa che il 2009 si era chiuso con 454 milioni di esportazioni, praticamente raddoppiate sei anni dopo, quando nel 2015 si è toccata quota 806 milioni. Certo, nel primo trimestre 2016, le avvisaglie del Brexit avevano già influito sugli scambi, con un -4,3% che però ora rischia di dilatarsi dopo il verdetto «separatista».

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