Fare il pane? Lavoro rosa
E piace molto ai giovani

«I panificatori devono capire che sono cambiati gli stili di vita e quindi i consumi. Il pane non è più solo un prodotto che riempie la pancia, ma è diventato un alimento che accompagna il cibo». Parola di Roberto Capello, presidente di Aspan, che aggiunge: è diventato un lavoro di donne e giovani.

«I panificatori devono capire che sono cambiati gli stili di vita e quindi i consumi. Il pane non è più solo un prodotto che riempie la pancia, ma è diventato un alimento che accompagna il cibo». Parola di Roberto Capello, presidente di Aspan, l’Associazione panificatori di Bergamo, che aggiunge:è diventato un lavoro di donne e giovani.


Se il panificio tradizionale non ha prospettive, come cambierà la vostra organizzazione del lavoro?

«Trent’anni fa, entro le dieci del mattino, si vendeva il 70% del pane, adesso il pane si compra in tarda mattinata o al pomeriggio, perché il nostro pasto principale, almeno dal lunedì al venerdì, è diventato quello serale. Di giorno ci si accontenta di un panino imbottito e sarebbe bello se, insieme al caffè, i clienti lo potessero trovare nei nostri negozi. C’è una “giornalizzazione” del lavoro, positiva perché lo rende più appetibile ai giovani e alle donne. In Lombardia già da tre o quattro anni le donne che si dedicano al settore della panificazione sono più degli uomini. E a Bergamo e Varese si è registrato un ricorso massiccio all’apprendistato, giustificato dal fatto che in queste due province c’è il maggior numero di scuole di panificazione».

Significa che ci sono buone opportunità occupazionali?

«Non voglio illudere nessuno. È vero che stanno nascendo anche tutta una serie di corsi di riqualificazione per disoccupati, ma in relazione al potente calo di consumi di pane (dai 400 grammi giornalieri si è passati a 120) non mi sembra che ci siano grandi prospettive. Anzi, in termini di forza lavoro, attualmente la categoria è sovradimensionata».

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