Metalmeccanici, rischio occupazione
A Bergamo coinvolti oltre 1500 operai

Sono oltre 20mila in Lombardia i lavoratori metalmeccanici (1585 a Bergamo) ad alto rischio occupazione, coinvolti da cassa integrazione straordinaria o mobilità ormai da più di due anni. Ben 82 le imprese medie e grandi per le quali la situazione di difficoltà è divenuta ormai strutturale.

Sono oltre 20mila in Lombardia i lavoratori metalmeccanici (1585 a Bergamo) ad alto rischio occupazione, coinvolti da cassa integrazione straordinaria o mobilità ormai da più di due anni. Ben 82 le imprese medie e grandi (oltre 250 dipendenti) per le quali la situazione di difficoltà è divenuta ormai strutturale.

E’ quanto emerge dall’ultima rilevazione dell’Osservatorio congiunturale della Fim lombarda che il prossimo 30 settembre parteciperà alla manifestazione nazionale indetta dal sindacato dei metalmeccanici della Cisl.

Oltre 500 lavoratori e delegati, con pullman e treni, si recheranno a Roma dalla Lombardia per sollecitare misure urgenti di politica industriale, per lo sviluppo e l’occupazione.

«Occorre superare decisamente le politiche di austerità – afferma Nicola Alberta, segretario generale Fim Lombardia - che hanno pesato nel frenare l’attività economica, scegliendo invece una diversa strategia di rilancio degli investimenti pubblici nelle infrastrutture e di quelli tecnologici delle imprese, per costruire una nuova prospettiva di crescita economica e sociale».

Quanto all’impatto della crisi sui territori lombardi, Brescia si conferma al primo posto con 6.591 addetti coinvolti (14 aziende), seguita dalla Brianza con 5.112 (16 aziende) e Milano (4.265, sommando anche Legnano).

Le ragioni delle difficoltà strutturali sono diverse: dalla concorrenza con le aree low cost, alla contrazione della domanda di beni investimento, al costo della materia prima e dell’energia, alla riduzione degli investimenti delle aziende e di quelli pubblici in infrastrutture. Su alcune realtà, le più piccole, incide il problema del costo del denaro e la difficoltà di accesso al credito.

«Per molte realtà vi è anche il fattore della carente gestione imprenditoriale - spiega Alberta - e l’incapacità di costruire progetti di rilancio, quando non vi sono casi più gravi sfociati in insolvenza e bancarotta fraudolenta. I problemi spesso si sommano e incidono in concorso a determinare le difficoltà aziendali, che si traducono tutte in crisi occupazionale, cui fa riscontro il rifiuto a predisporre un qualsivoglia piano sociale».

© RIPRODUZIONE RISERVATA