Sospetto boom dei voucher a Bergamo
«Stagisti sfruttati come veri dipendenti»

«Un abuso ingiustificato e molto spesso indiscriminato». Mario Colleoni, segretario generale della Filcams-Cgil di Bergamo, torna a denunciare il «sospetto boom dei voucher» che ha coinvolto anche la nostra provincia, soprattutto nei settori che segue la sua categoria, cioè quelli del commercio e del turismo.

Oggi anche a causa di controlli limitati, questo strumento si presta ad un «uso spregiudicato con la conseguente elusione delle norme in materia di lavoro e sicurezza» spiega Colleoni. «È fondamentale ricordare che i voucher possono essere utili e funzionali in alcune circostanze, ma è altrettanto importante sottolineare che lavorare con i voucher significa anche farlo senza le tutele previste dai contratti, con una ridotta copertura assicurativa previdenziale e senza diritto agli ammortizzatori sociali. Nel 2015 a Bergamo si stima siano stati utilizzati quasi 2.300.000 voucher. Il terziario è il settore che più ha usufruito di questo strumento: i voucher emessi per lavoratori di commercio e turismo rappresentano il 50% del totale».

«Ma non è finita qui. Oggi esiste un altro strumento sempre più utilizzato in maniera inadeguata: è lo stage, troppe volte impiegato per sopperire a problemi produttivi o di gestione del personale che dovrebbero essere affrontati in tutt’altro modo. Gli stagisti vengono, infatti, sempre più fatti lavorare in modo discutibile, sottopagati e in posizioni di sostituzione del personale dipendente, che dovrebbe essere stabile. Il numero di stagisti confermati al termine del periodo di stage con contratto di lavoro dipendente è infinitesimale».

Rispetto all’utilizzo degli stage, il Rapporto 2015 della Provincia di Bergamo sui «Flussi del mercato del lavoro» mostra in effetti un aumento considerevole degli avviamenti sotto questa forma (il dato è complessivo, dunque non riferito solo ai settori del commercio e del turismo): nel 2011 sul territorio bergamasco si contavano 1.869 avviamenti al lavoro con tirocinio, nel 2012 erano 2.368, nel 2013 sono stati 2.905, nel 2014 sono saliti a 3.427 e lo scorso anno sono giunti a quota 4.491.

«Purtroppo - prosegue Colleoni - emerge spesso una finalità chiara: ridurre il costo del lavoro, tramite l’utilizzo di uno strumento che è un patto formativo e non un contratto di lavoro. Dovrebbe essere propedeutico all’inserimento (o reinserimento) delle persone nel mondo del lavoro. Il fenomeno è ormai estremamente diffuso anche in provincia di Bergamo, soprattutto nei settori del commercio, del turismo e negli studi professionali dove si stima sia presente la maggior parte degli stagisti. Uno sfruttamento che ci deve far riflettere e che necessita di interventi immediati da parte di Governo e istituzioni. E tuttavia la politica oggi appare poco dedita a scelte strategiche in materia di politica economica (necessarie e vitali per rilanciare l’economia di un Paese come il nostro, che si sta costantemente de-specializzando) ma estremamente attenta a non ostacolare i quotidiani abusi di stage e voucher».

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