A Brescia
ma non a tutti costi

Ad Est, certo. Insieme, sicuramente. Ma non a tutti i costi e, soprattutto, a qualsiasi prezzo. Lo dicono i numeri e la storia degli aeroporti di questa parte del Paese: da Orio al Serio a Venezia via Montichiari, Verona e Treviso. Storie di intuizioni geniali, flop clamorosi, capitalismo territoriale, sogni frustranti e progetti rimasti a terra.

La rottura tra Sacbo e la veneziana Save sulla gestione comune di Montichiari ha lasciato il segno e fatto discutere, anche per le modalità abbastanza clamorose e le dichiarazioni decisamente sopra le righe del presidente lagunare Enrico Marchi, invero non nuovo a toni del genere. L’epilogo (momentaneo?) di una vicenda complessa. Save e Sacbo hanno firmato a fine dicembre un memorandum sulla costituzione di una newco per la gestione comune di Montichiari: scalo dalle grandi potenzialità ma che nessuno è riuscito finora a concretizzare.

Tanto meno la veronese Catullo che lo gestisce dal 1998 in forza di una concessione provvisoria diventata definitiva nel 2013. Sì, 15 anni dopo: una sorta di concessione per usucapione. E qui la vicenda si fa delicata, perché anche Sacbo in tandem con i bresciani di Abem puntava a quel titolo, o quanto meno ad una sua messa in gara (europea), con tutti i rischi del caso. La partita si è spostata come da italico copione al Tar: il primo round è andato a Sacbo, ora si attende il Consiglio di Stato.

Nel frattempo è arrivata Venezia che ha messo nel mirino una Catullo in una situazione finanziaria decisamente difficile, ma con in tasca – seppure sub iudice – la concessione di Montichiari. Detto fatto, è iniziata la scalata: senza gara, come del resto fatto per l’aeroporto di Treviso. Venezia ora ha il 35%, e anche la strada spianata per arrivare alla maggioranza. Sempre senza gara, con nuovi strascichi della giustizia amministrativa, questa volta sollevati dalla milanese Sea. Non tanto interessata alla Catullo in sé e per sé, bensì preoccupata delle trattative tra Bergamo e Venezia sulla gestione comune di Montichiari, che la vedono assolutamente contraria.

Il 28 febbraio il memorandum è scaduto, ma la trattativa continuata. Strada facendo si è rivelata più difficile del previsto, non tanto dal punto di vista economico, dove i valori erano abbastanza chiari, quanto da quello degli assetti societari. Che l’accordo definiva in termini perentori, con Sacbo indisponibile – come da espressa indicazione dei soci – a scendere sotto il 50%. Ma nel frattempo sono tornati a fare capolino i bresciani, poco intenzionati a non giocare un ruolo da protagonisti nella gestione del proprio (territorialmente parlando) scalo dove non sono mai riusciti ad incidere, anche per divisioni interne. Che a questo punto parrebbero superate, al punto da convincere Marchi stesso della necessità di averli in squadra. E così ad inizio marzo, a Sacbo sarebbe stato prospettato il seguente assetto della newco: 50% Venezia, 25 Brescia e 25 Bergamo.

Fuori dagli accordi di un memorandum che evidentemente l’asse veneto-bresciano ha considerato scaduto anche nei fatti, salvo poi sostenere il contrario (e dare fuori di matto) quando Sacbo, capita l’antifona, due giorni dopo ha siglato il rinnovo del contratto – pronto da tempo e alle medesime condizioni economiche – con quello che sarebbe dovuto diventare il principale player in Montichiari, Dhl. Che ad Orio ha fatto base da anni e si trova bene al punto da resistere alle pesanti lusinghe di Malpensa che mette sul tavolo un moderno cargo center e spazi di espansione notevoli. Quasi infiniti se paragonati alla situazione di Orio, che non ha più margini fisici d’ampliamento e in compenso difficili rapporti con un territorio del quale rappresenta comunque la prima azienda.

Ed è anche su questo terreno che hanno provato a giocare i veneti durante le ultime fasi della trattativa, sulle difficoltà ambientali dello scalo bergamasco, mentre i bresciani avrebbero pure messo sul tavolo la prossima riforma delle popolari in spa, in primis di quella Ubi primo azionista di Sacbo: modifica che, a loro dire, renderà il lato bresciano egemone nella gestione dell’istituto di credito e di riflesso sullo scalo. Tutti dimenticando (facciamo omettendo) che nella partita di Montichiari chi stava portando i clienti era proprio Bergamo: Ryanair e Dhl. Una volta reso noto il rinnovo con quest’ultima, a volare sono stati solo gli stracci, le distanze si sono fatte incolmabili e l’orizzonte confuso.

Ma qualche certezza rimane: quella che Orio in 13 anni è passato da 1 a 9 milioni di passeggeri: 3° scalo in Italia nel primo bimestre 2015 e 2° per le merci. Ha quindi le carte in regola più di altri per sedersi al tavolo: con tutti, ma non a tutti i costi o sotto ricatto, ambientale od economico che sia. E ogni trattativa deve ripartire da qui, da un ritrovato rispetto: dei ruoli e dei risultati conseguiti. Soli non si può stare in questo Risiko dei cieli, ma nemmeno male accompagnati.

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