Abusi a scuola,
risarcimento di stato

Giustizia, diritto, etica sono angoli di uno stesso prisma e convergono nell’assicurare che la convivenza umana sia garantita, da un lato, da regole che salvaguardino la libertà di ciascuno e, dall’altro, da strumenti che permettano a tali libertà di essere tutelate nei casi di comportamenti che ledano diritti o compromettano la dignità altrui. Ogni ordinamento prevede forme specifiche per evitare – anche mediante la coercizione – che coloro i quali si macchiano di delitti paghino il fio delle loro colpe.

Vi sono casi nei quali la morale, la dignità umana, la stessa pietà cristiana assumono un peso particolare, intersecandosi con gli aspetti più strettamente giuridici. Ed è questo il caso dell’insegnante di Palosco in discussione innanzi al Tribunale civile di Brescia per la causa di risarcimento intentata dalle vittime. Il reato del quale A. M., maestro nella scuola « Terzi», si è reso artefice è tra i più efferati, quelli che più di tutti ripugnano alla coscienza e alla morale di un popolo. La violenza sessuale sui bambini è ascrivibile tra i delitti che maggiormente ledono le coscienze e sui quali più forte è la condanna etica, oltre che quella giudiziaria. La giustizia degli uomini ha fatto per intero il suo percorso, nell’indispensabile salvaguardia del diritto di ogni imputato a essere difeso e a ottenere un giudizio equo. La condanna è stata pronunciata in via definitiva dalla Corte di Cassazione. Il percorso, sotto il profilo penalistico, è archiviato e il colpevole sta scontando la condanna inflittagli. L’ordinamento giuridico prevede, altresì, che le vittime possano ottenere– nelle forme che la legge prevede – un risarcimento per il torto subito. A tal fine la giustizia civile esercita la propria funzione, valutando se e in che misura il condannato debba risarcire coloro che sono stati vittime del reato commesso.

Su ciò il giudice civile emetterà la sua sentenza, che andrà, come sempre, rispettata. Restano gli interrogativi di carattere etico e di natura morale. Interrogativi attraverso i quali si cerca, con doverosa cautela, di trovare il bandolo dei principi, tanto dell’ordinamento giuridico, quanto della convivenza civile. Gli abusi commessi contro gli allievi erano stati commessi da una persona che svolgeva nella scuola la funzione di insegnante, di colui che – oltre a impartire saperi e cognizioni – era tenuto all’obbligo di mantenere un comportamento educativo, al quale, evidentemente, veniva meno. Inoltre, tali reati venivano commessi all’interno della scuola. La combinazione dei due elementi (funzione educatrice e luogo degli abusi) farebbero ipotizzare una «culpa in vigilando», della quale l’istituzione può essere chiamata in causa. Sembra questa la ratio in base alla quale l’avvocato di alcune delle vittime ha chiesto che sia lo Stato – accertata l’indigenza del condannato – a risarcire le vittime degli abusi sessuali. Contemporaneamente è stata chiamata in causa anche l’assicurazione legata alla scuola.

L’ipotesi, naturalmente, può essere considerata in modo non favorevole, poiché si accetterebbe il principio che tocchi ai cittadini - in quanto contribuenti - partecipare, anche se in misura singolarmente minima, al pagamento di un reato del quale non hanno colpa alcuna. L’argomento - che può certamente essere sollevato - deve però tenere conto di considerazioni di spessore più elevato. Lo Stato, oltre a essere un elemento esistente nella forma di istituzioni viventi, è anche un’astrazione necessaria. Un’entità che non si risolve nella somma dei suoi associati (i cittadini, appunto) che ne sono il fulcro, ma che esiste in quanto soggetto sovrastante. Deputato ad assicurare la permanenza delle condizioni del patto sociale tra gli individui. Se si considera questo profilo, ammettendone l’importanza, diventa plausibile l’idea che sia lo Stato - in determinate circostanze e/o in casi particolari - a doversi far carico della funzione riparatrice. Il risarcimento, dunque, quale componente della giustizia. Non soltanto in termini economici, ma prima ancora come riconoscimento dei valori etici in base ai quali si accetta la richiesta di risarcimento, affinché l’ordinamento giuridico non si discosti dall’ordine naturale, dall’etica civile e dalla morale individuale.

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