Adesso Matteo
si farà chiamare Rentsi

Tra le conseguenza del voto greco non c’è solo il temuto terremoto economico - che per la verità a guardare le Borse ieri non si è scatenato.

C’è anche un importante esito politico: la vittoria di un partito come Syriza e di un leader come Alexis Tsipras che porta per la prima volta gli eurocritici al governo di un partner dell’Eurozona, indica un cambiamento di equilibri e quasi certamente produrrà un effetto domino (a sinistra, con Podemos in Spagna e a destra con la Le Pen in Francia) e quindi influisce, e molto, sui rapporti di forza sia interni che esterni ai singoli Paesi. Ovviamente anche in Italia.

Forse la battuta più azzeccata, da quest’ultimo punto di vista, l’ha detta Pippo Civati:«Vedrete che ora Matteo si farà chiamare Rentsi». È facile immaginare che il presidente del Consiglio, così attento agli umori popolari e così capace di assumerli e trasformarli in comunicazione di immagine, farà propria almeno in parte la carica «anti-Bruxelles» di Tsipras e del voto che lo ha incoronato.

E ne ha titolo: sin dall’inizio del suo mandato Renzi ha parlato contro l’austerità, e contro la linea del rigore cieco della Bundesbank, e ha giocato la sua presidenza di turno proprio su questa linea di contrattazione con la Commissione Junker sia in termini di flessibilità dei conti pubblici che di politiche per la crescita.

Renzi ha scelto, essendo a capo di un Paese che ha sì grandi problemi ma non è la Grecia, la linea di una trattativa costante e collaborativa con la Commissione e con Berlino; viceversa Tsipras ha impostato tutta la sua campagna elettorale e il suo programma su uno scontro frontale con le autorità comunitarie, con la Troika – che addirittura non riconosce – e con i tedeschi: una linea che si basa sulla ristrutturazione del debito greco. Una ristrutturazione che peserebbe anche sulle nostre tasche visto che l’Italia ha aiutato Atene per la bella cifra di 40miliardi di euro.

È però probabile che, nonostante questa nostra posizione di creditori allarmati e nonostante i rischi di sistema connessi alla linea-scontro di Tsipras, Renzi in qualche modo si gioverà della sua presenza al tavolo dei capi di Stato e di governo per ottenere nuove concessioni dal fronte del Nord già abbastanza impaurito dall’avanzare di autentici eserciti di anti-euro in tutta Europa. A ben guardare, Aleksis Tsipras solo poche ore fa ha dichiarato «Come Matteo anche io voglio cambiare l’Europa». E Matteo si giocherà il feeling con Tsipras anche per migliorare la sua posizione nei sondaggi di casa.

Questa possibile convergenza tra due diverse sinistre, quella moderata e riformista di Renzi e quella radicale di Tsipras, non può che irritare tutta la gauche nostrana, quella che alle ultime elezioni europee ha talmente puntato sul campione greco da mutuarne il nome per farne la bandiera della propria lista. Una lista però che in Italia ha avuto scarsissima fortuna e pochi voti facendo rapidamente naufragio tra lotte intestine, veleni e polemiche: da noi Tsipras significa fallimento, altro che maggioranza quasi assoluta.

È per questa ragione che tutti i vari esponenti della sinistra-sinistra ieri sui social network da una parte gioivano per il successo del loro amico Aleksis, dall’altra ricordavano velenosamente che in Grecia l’omologo del Pd è il Pasok, l’ex onnipotente partito socialista finito stritolato dalla crisi. Ma sai quanto gliene importa a Renzi della sorte del vecchio Papandreou.

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