Assunzioni ferme
e progetti per risalire

Non gridiamo al lupo al lupo, ma non c’è nemmeno da star troppo allegri. I dati sulle assunzioni del secondo trimestre non sono belli. Rispetto a un anno fa, il calo è del 10%. Influisce, è evidente, il venir meno dell’effetto traino degli incentivi.

Probabilmente gioca a sfavore anche il confronto con un anno, il 2015, che aveva beneficiato dell’indotto messo in movimento da Expo Milano. Resta il fatto che le assunzioni diminuiscono sia rispetto al primo trimestre del 2016, e qui può giocare anche un po’ di stagionalità visto che la tendenza si ripete di anno in anno, sia rispetto al secondo trimestre del 2015. Quindi, pur senza nessun allarmismo, visto anche che altri indicatori tracciano comunque la strada di una risalita, è utile fare due riflessioni, che inevitabilmente riconducono al Rapporto Ocse, dal momento che il nostro territorio ha fra le mani uno strumento di analisi e di prospettiva prezioso, da pochi giorni pronto nella versione definitiva tradotta in italiano: lo si potrà discutere, ma vale la pena prenderlo sul serio.

Gli spunti sono due e il primo riguarda il piano nazionale. Senza nulla togliere alla politica degli incentivi, che qualche risultato ha portato, per alimentare una crescita duratura sembrano necessari interventi strutturali e non solo sul lavoro, magari avviati ma non ancora completi. Al riguardo, oltre alle sottolineature sulla fase di incertezza derivante dalla riforma delle Province e delle Camere di commercio, è illuminante un passaggio del Rapporto Ocse che mentre focalizza l’attenzione sui fattori di difficoltà del territorio provinciale, apre una finestra sul Paese, non nuova ma mai scontata. «In termini di qualità della governance, - scrive lo staff internazionale - l’Italia risulta molto in basso nella classifica relativa alla corruzione e allo Stato di diritto, due elementi chiave per la creazione di un ambiente sano per le attività commerciali. Questo fattore, unito all’inefficienza del sistema giudiziario e ai gravi oneri relativi alla complessità delle normative sul lavoro, sui prodotti e sul mercato, rappresenta un collo di bottiglia cruciale per lo sviluppo degli affari e per l’attrazione di capitali stranieri nella provincia».

Il secondo spunto di riflessione riguarda proprio la capacità di attirare investimenti diretti dall’estero. Il Rapporto Ocse sottolinea in modo chiaro il valore della presenza di aziende internazionali che investono sul territorio: senza pensare che siano la panacea di tutti i mali, possono tuttavia aumentare le competenze disponibili, ampliare le frontiere tecnologiche, influenzare in modo positivo la propensione agli investimenti e aumentare la qualità dei servizi alle imprese disponibili sul territorio. Ciò nonostante, si rimarca, «Bergamo ha avuto successo nella promozione delle esportazioni, ma non ha elaborato una strategia regionale per attrarre gli investimenti diretti» di aziende estere capaci di insediare sul territorio nuove attività e creare nuova occupazione.

La sottolineatura è chiara. L’impressione però, visto come stanno evolvendo i lavori della cabina di regia, è che il tema stia passando ancora una volta in secondo piano. Quando si parla di attrattività, infatti, pare che ci si concentri più sull’accoglienza, sulle infrastrutture di collegamento e sul turismo. Tutto utile, sia chiaro, tanto che lo stesso Rapporto Ocse sottolinea come per portare qui investitori esteri sia necessaria una provincia bella ed efficiente nei servizi. L’attrattività è anche questo. Non solo questo. Speriamo che pure l’altra faccia della medaglia, ovvero la capacità di intercettare per tempo nel mondo buoni investimenti manifatturieri che creino lavoro sul territorio, sia valorizzata come merita.

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