Bullismo, specchio
dei mali della società

Quest’anno, molte relazioni d’inaugurazione dell’anno giudiziario si sono particolarmente soffermate sulla preoccupante crescita di una nuova fascia di criminalità rappresentata dal «bullismo», soprattutto scolastico, ma anche familiare. Quasi tutte le relazioni hanno analizzato il fenomeno evidenziandone gli aspetti giuridici, ma sottolineandone anche i risvolti sociali. Riguardo al primo aspetto, è stato chiarito che nel reato di bullismo rientrano solo le azioni di perdurante e sistematica prevaricazione e sopruso,

Riguardo al primo aspetto, è stato chiarito che nel reato di bullismo rientrano solo le azioni di perdurante e sistematica prevaricazione e sopruso, messe in atto ripetutamente da un adolescente, definito «bullo» (o da parte di un gruppo), nei confronti di un altro adolescente percepito come più debole, la «vittima». Occorre anche che vi sia «asimmetria nella relazione», cioè uno squilibrio di potere tra chi compie l’azione e chi la subisce e che la vittima non sia stata «messa in grado di difendersi» perché isolata e per il timore di vendette. La presenza di tutte queste condizioni fa sì che l’atto di bullismo non possa essere ricondotto, come spesso si tenta di fare, a semplice «scherzo», dove l’intento è quello di divertirsi, non quello di far male a qualcuno.

Per quanto riguarda i risvolti sociali, gli atti di bullismo sono stati rappresentati come conseguenza di vere e proprie devianze giovanili, causate da situazioni di deprivazione o di mera emarginazione rispetto a un percorso che dovrebbe portare all’inserimento costruttivo dell’adolescente nella società. Molte relazioni hanno messo in evidenza anche le conseguenze negative provocate dalle sempre più frequenti azioni di bullismo realizzate attraverso internet (posta elettronica, social network, chat, blog, forum) o attraverso l’uso dei telefoni cellulari. Si parla in questi casi di «cyberbullismo», un fenomeno che è destinato a crescere ulteriormente, tenuto conto dell’utilizzo assai diffuso da parte dei giovani di questi nuovi mezzi di comunicazione e di intrattenimento.

Quanto emerso dalle relazioni della magistratura induce a non poche riflessioni. In primo luogo, la precisione con la quale il reato di bullismo è stato classificato fa pensare che, in presenza di casi conclamati, vi debba essere l’obbligo nelle scuole, da parte di dirigenti e di docenti in quanto pubblici ufficiali, di sporgere denuncia alle autorità competenti. Meglio sarebbe, però, che episodi di questo tipo fossero seguiti, sul nascere, con la massima attenzione nelle scuole e fornissero l’occasione d’incontri tra docenti e genitori, allo scopo di prevenire l’insorgere di veri e propri reati. Del resto, l’attività di prevenzione è quella che evidenzia, in ogni campo, la maturità raggiunta da una comunità civile.

Riguardo alle considerazioni svolte sul piano sociale, non si può non convenire che il bullismo non sia altro che lo specchio dei mali di una società nella quale emerge una sempre maggiore difficoltà esistenziale e psicologica nel rapportarsi tra giovani, nel relazionarsi con insegnanti e genitori, nel confrontarsi con l’ambiente, con il territorio e con le istituzioni. Stupisce che i giovani comunichino sempre meno e, soprattutto, sempre peggio in un’epoca contrassegnata dall’abbondanza di strumenti di comunicazione. L’insorgere di sempre più frequenti casi di «cyberbullismo», ad esempio, dimostra che proprio l’eccessivo e prolungato ricorso a strumenti d’interazione virtuale può tradursi in una pericolosa gabbia di isolamento nella quale le emozioni, i sentimenti e i valori umani restano congelati. Per superare questa complessa situazione non servono reprimende o divieti. Molto più utile è che nella scuola e in famiglia si cerchi di realizzare un dialogo sempre più aperto sul corretto utilizzo delle varie fonti di comunicazione e sulle conseguenze di un eccessivo utilizzo della rete. È fondamentale che istituzioni, insegnanti e genitori si sentano impegnati, ognuno nel proprio campo, nella promozione di un clima culturale e sociale che favorisca l’autostima dei giovani e li aiuti ad apprezzare regole di convivenza condivise.

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