Competenza e onestà
Il disagio a 5 Stelle

I ballottaggi in corso domenica vedono sfidarsi in singolar tenzone quasi esclusivamente candidati appartenenti, o riconducibili, a destra e sinistra, con le dovute sfumature di centro del caso. Non sono in campo invece, se non marginalmente, i «cittadini» grillini. Il verdetto odierno delle urne può perciò correggere i loro numeri, non modificarne lo stato della salute. Più degli elettori, sono gli eletti a fornirci indicazioni utili sul loro conto. Si rincorrono in questi giorni giudizi non proprio lusinghieri sulla sindacatura Raggi. Aspettative e promesse smisuratamente alte è normale che producano delusioni cocenti. È buona norma, però, non essere precipitosi nello stilare giudizi. Il tempo è galantuomo e alla fine del mandato anche la Raggi non potrà sottrarsi al giudizio maturato dai romani sul suo operato. Limitiamoci per il momento a cogliere le novità registrate in questo primo anno di guida grillina di due città di primaria importanza come Roma e Torino. Non è sul piano degli specifici interventi da attuare nelle varie realtà municipali che gli italiani attendevano al varco i Cinquestelle. Il cambiamento promesso era nel metodo. Onestà e partecipazione dovevano essere la cura sicura per debellare corruzione e malgoverno. E invece è proprio su questo terreno che emergono le loro maggiori smentite e le loro più stridenti contraddizioni.

Onestà. Va riconosciuto che né a Roma né a Torino né in nessun altro comune amministrato dai Cinquestelle si siano lamentati casi di corruzione. Questo non esclude che in qualche inciampo giudiziario essi siano incappati. La Raggi in particolare rischia il rinvio a giudizio per falso in atto pubblico e abuso di ufficio. Un inciampo, va detto, molto frequente per un amministratore locale. Ciò non impedisce di rilevare come i grillini abbiano cercato di adattare il loro codice di comportamento alla bisogna. L’onestà senza se e senza ma è stata retrocessa a onestà condizionata al tipo di reato contestato e a condanna irrogata.

C’è poi un secondo aspetto che merita di essere sottolineato. L’onestà per un amministratore è una virtù certo irrinunciabile. Quando però non è accompagnata dalla competenza rischia di fare cilecca. La Raggi protesta la sua buona fede e non c’è ragione di non crederle. Ma se è stata costretta a invocare i buoni favori di chi ne sapeva più di lei (Raffaele Marra) è perché non era competente. Puntualmente allora la prassi dei favoritismi, fatta uscire dalla porta, rientra dalla finestra. Il fratello di Marra, Renato, è stato nominato alla guida della direzione del turismo capitolino con triplicazione dello stipendio.

Democrazia diretta. Non c’era bisogno che si vantasse in diretta televisiva che «Grillo è con me». In questi dodici mesi si era capito fin troppo bene che la fonte della sua legittimazione proveniva dall’alto e non dal basso. Ma non dovrebbero essere i romani – e non un genovese mai eletto – a giudicare l’operato del loro sindaco?

Contraddizioni. Fino alla finale della Champions League, l’Appendino sembrava non ne sbagliasse una. Poi è intervenuta la festa di piazza finita in tragedia: una vittima, varie centinaia di feriti, una strage sfiorata. Prontamente l’Appendino ha cercato di correre ai ripari. Ha emanato un’ordinanza antivetro: divieto di vendita di bevande da asporto dalle 20 alle 6. Risultato: i compagni di strada della sindaca in campagna elettorale (i centri sociali) hanno attaccato le forze dell’ordine intervenute a far rispettare l’ordinanza del sindaco. I 5 Stelle che fanno? Li spalleggiano. Difficile, una volta al governo, tenere il piede in due scarpe.

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